La biblioteca nazionale "Vittorio Emanuele III" di Napoli (già Reale biblioteca borbonica) è una biblioteca pubblica statale che ha sede presso il palazzo reale, in piazza del Plebiscito.
Ha un patrimonio di 1 480 747 volumi a stampa, 319 187 opuscoli e 18 415 manoscritti, che in termini quantitativi la rende la terza tra le biblioteche italiane, dopo le due Nazionali Centrali di Roma e di Firenze.
La Biblioteca fu istituita alla fine del XVIII secolo, raccogliendo nel Palazzo degli Studi, oggi sede del Museo Archeologico, le raccolte librarie provenienti dalle biblioteche Farnesiana e Palatina fino a quel momento conservate nella Reggia di Capodimonte. Al nucleo iniziale si aggiunsero i fondi provenienti dalla biblioteca dei Gesuiti, espulsi dal Regno di Napoli nel 1767, e dalla biblioteca della Reale Accademia, seguiti dai volumi della biblioteca cartesiana del principe di Tarsia. Per incrementare il patrimonio librario, fu stabilito che gli stampatori del Regno dovessero consegnare alla biblioteca una copia per ogni pubblicazione che mettevano in commercio. Agli inizi dell'Ottocento furono incorporate le raccolte librarie dei monasteri soppressi della certosa di San Martino, del monastero benedettino dei Santi Severino e Sossio e di San Giovanni a Carbonara.
Fu aperta al pubblico il 13 gennaio 1804 con il nome di "Reale Biblioteca di Napoli".
Nel 1816 fu trasformata con il nome di Reale Biblioteca Borbonica, assumendo nel 1860, con l'Unità d'Italia non ancora proclamata e la dittatura di Garibaldi ancora in corso, il nome di Biblioteca Nazionale e ricevette un suo regolamento il 12 ottobre 1861. Tra le donazioni più importanti del periodo post-unitario va ricordata quella del conte Lucchesi Palli, che nel 1888 destinò alla Nazionale di Napoli la propria biblioteca e l'archivio musicale, provvedendo anche ad arredare le sale destinate ad accogliere la sua collezione.
Nel 1907, dopo una lunga controversia giudiziaria, entrarono a far parte delle collezioni numerosi manoscritti autografi di Giacomo Leopardi custoditi dopo la sua morte dall'amico Antonio Ranieri il quale li destinò alla biblioteca per lascito testamentario. L'intero corpus leopardiano sarebbe stato riordinato dal bibliotecario abruzzese Emidio Piermarini.
Nel 1910, la biblioteca fu arricchita con l'Officina dei papiri ercolanesi. Solo al termine della prima guerra mondiale, con la concessione del re allo Stato dei suoi palazzi reali, si decise di trasferire la Biblioteca all'interno del Palazzo Reale anche grazie all'intervento di Benedetto Croce, allora Ministro dell'Istruzione Pubblica. Il trasferimento dei fondi bibliografici iniziò nel 1922 con la biblioteca San Giacomo, annessa alla Nazionale nel 1875, proseguendo nel 1924 con l'annessione di importanti collezioni come la biblioteca del Museo di San Martino, la Provinciale e la biblioteca Brancacciana, costituita a Roma dal cardinale Francesco Maria Brancaccio nella prima metà del XVII secolo e collocata nel 1690 a Napoli presso il complesso di Sant'Angelo a Nilo. La nuova sede, intitolata a Vittorio Emanuele III nel 1925 e inaugurata il 17 maggio 1927, fu riaperta al pubblico il 6 giugno dello stesso anno. Nel 1932 cominciò a ricevere una copia delle opere pubblicate nella provincia di Napoli per diritto di stampa.
Nel 1957 furono aperte al pubblico le nuove sale di consultazione, la Sezione Napoletana, la Sezione Periodici e la Sala Croce. Nel 1980 a causa del terremoto dell'Irpinia un'ala dell'edificio venne seriamente danneggiata; fu quindi necessario trasferire il materiale librario in altre parti dell'edificio. Tra le donazioni più recenti si ricordano il Fondo Doria e il Fondo Pontieri. Nel 1990 la Biblioteca ha aderito al Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN).