Siamo sul versante est del monte Coppolo, sovrastanti la confluenza di due torrenti: il Cismon ed il Vanoi. La valle dello Schener è un corridoio verso le valli di Primiero e le Dolomiti, la val Cortella un piega tra i monti serpeggiante e selvaggia. I Bellotti raccontano di un borgo tristemente abbandonato dai suoi abitanti (in gran parte emigrati alla ricerca di condizioni di vita migliori) a partire dagli anni '55, '60. Da quegli eventi in poi tutto l'ambiente fu sottomesso ad un progressivo degrado; l'incuria e la vitalità della natura selvaggia ebbero facilmente il sopravvento. A poco a poco sentieri, mura, case, ricordi vennero erosi e sbriciolati dal silente passo del tempo che provvide con determinazione a seppellirne le tracce e a farne perdere la memoria. Sarebbe stato un probabile destino veder calare il sipario su tutto. Ma forse valse oltre ogni supposizione la tenacia e la resistenza di una persona a rendere vano questo rischio di cancellazione. Maria Bellotto, classe 1900, fu l'ultima, singolare abitante della frazione; fu lei, immagino, l'anello flessuoso ed ostinato che riuscì a mantenere fluida e perennemente viva la fiamma dell'esistenza della frazione e la speranza di rinascita. Nessuno meglio di lei rappresentò l'anima e l'immagine dei Bellotti sofferenti dell'abbandono, ma nel contempo nessuno meglio di lei dimostrò l'attaccamento alla terra, ai valori e alla vita. Tenne duro Maria, si ostinò a voler seminare patate e fagioli fino al giorno del suo ultimo respiro, a novantadue anni. Nel mentre qualcuno aveva iniziato a smuovere le macerie dei dintorni, a ripristinare i sentieri, falciare l'erba, rendere agibili i sentieri, rincalzare con malta le mura… riconquistare quel suolo. La storia narra a questo punto dell'impegno di molte persone che, dagli anni '80 in poi, hanno dedicato energie ed entusiasmo in dosi talvolta sovrumane pur di riportare gradualmente i Bellotti ad una condizione di vivibilità e di benessere. A tutt'oggi l'impresa sembra riuscita. I molti frequentatori e visitatori della frazione, provenienti ormai da anni dai luoghi più disparati del pianeta, hanno contribuito a mantenere viva e sentita una realtà ormai unica, forse per questo ambita e che non manca di catturare le emozioni di tutti. Chi vi si affaccia emergendo dal sentiero divagante nel bosco, sbucando infine sul sagrato della chiesa, scopre facilmente il volto di un luogo con evidenti, profonde tracce di storia incise. Il Genius loci si fa subito sentire. Attrae e conquista. Anni '40 / '50 l'unica foto che ritrae la frazione al tempo in cui era abitata. Anni '80 evidente il degrado conseguente all'abbandono. Solo poche case hanno mantenuto la copertura e per altro risultano saccheggiate ed in stato di precarietà strutturale.