BARAGAZZA

BARAGAZZA, BOLOGNA

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BARAGAZZA
La chiesa del 1788 intitolata a San Michele Arcangelo, ubicata nel centro del paese lungo la via principale (via Tana, 1), è opera di uno dei più importanti architetti bolognesi operanti a cavallo tra i secoli XVIII e XIX. La pieve è a navata unica con sei cappelle laterali, dotate di altrettanti altari e due locali ai lati del presbiterio, uno a sinistra riservato alla sacrestia e l’altro a destra adibito a cappella. All’interno della chiesa sono presenti alcune opere di discreta fattura, quasi tutte risalenti alla seconda metà del Settecento, non essendosi conservati gli arredi precedenti, cancellati dalle ristrutturazioni e dai rifacimenti che si sono succeduti nel tempo. La facciata come la vediamo oggi è conseguente al rifacimento del 1907 di Aristotele Puccetti, valente artista-artigiano baragazzino già attivo a fine Ottocento nella fabbrica del vicino santuario di Boccadirio. Il caratteristico campanile, uno dei più belli del territorio, è del 1852-1867, lavoro di Giuseppe Brighenti. Le opere più interessanti contenute all’interno della chiesa possono essere così riassunte: l’organo del 1791 è opera del pistoiese Pietro Agati e la relativa cantoria in legno del 1793, elaborata su disegno di Venturoli, è stata intagliata dal mastro falegname Alessandro Salioni; l’altare maggiore di fine Settecento è in legno lavorato a finto marmo dai fratelli Giuseppe e Gaetano Roppa, che intervengono anche nel tabernacolo, mentre gli altari disegnati da Venturoli nonché l’altare maggiore, sono stati sostituiti con altri, sebbene in quest’ultimo caso la struttura che funge da retroaltare e gli scalini in marmo sembrano rispecchiare il disegno dell’architetto bolognese; il fonte battesimale del 1801 è opera dei fratelli Roppa; la Beata Vergine del Rosario, è un lavoro in legno rivestito di stucco del 1801, eseguito da Antonio Borzaga. La scultura è inserita in un’ancona in legno intagliato e dorato, opera di Lodovico Pozzetti del secolo successivo; il Padre Eterno in medaglia, ubicato sopra l'altare maggiore e posto tra due angeli che lo sostengono, è opera di Bonaventura Forlani; il Crocifisso in cartapesta della metà del Settecento è opera di un ignoto plasticatore emiliano ed è stato restaurato alcuni anni fa. L’ancona e l’altare, facenti parte del gruppo, sono cinquecenteschi, già appartenuti a una chiesa sconsacrata di Bologna, furono qui collocati nel 1909; il turibolo e la navicella del 1787, in argento sbalzato e cesellato, sono lavori dell’importante orafo bolognese Camillo Canali; del 1822 è invece l’ostensorio, anch’esso in argento sbalzato e cesellato, lavoro di un ignoto argentiere emiliano; il gruppo delle quattordici Stazioni della Via Crucis, piccoli ma pregevoli dipinti a inchiostro e acquerello su carta, sono di un ignoto pittore bolognese e risalgono agli inizi del XIX secolo. Un’opera in particolare però attira subito l’attenzione entrando all’interno della chiesa, sia per la sua centralità, essendo posta nell’abside, sopra l’altare maggiore, sia per la sua particolarità, che emerge lentamente, man mano che avanziamo verso il presbiterio. Si tratta della pala d’altare dedicata all'arcangelo Michele, opera del 1792 del pittore bolognese Pietro Fancelli e ritoccata subito dopo, e pesantemente, da Giovanni Pancaldi, a seguito delle proteste della popolazione del periodo. Un evento ricco di misteri che ancora oggi è oggetto di studi.
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