Tra luci ed ombre, pianori e rocce scoscese, costeggiando torrenti e lagozze nel riverbero dei laghi, tra acqua e cielo, passando tra castagni e macchie arbustive intricate, capita di intravvedere, tra le nebbie vallive, improvvise ed evanescenti ombre quali visioni di cavalieri, vescovi, briganti, nonchè canonici cacciatori che, passando là in fondo, lungo il torrente, nel bosco, raccontano di gesta e miracoli di cui è testimone la Badia di San Gemolo in Valganna.
La prima visione racconta del martirio di San Gemolo che segna l'individuazione dei luoghi del martirio e dei miracoli del Santo e la seconda visione, con i canonici sulle orme della miracolosa amicizia tra la volpe e il gallo, quale segnale per il ritrovamento della sepoltura del Santo su cui viene approntata l'edicola sacra che poi darà luogo alla vera e propria erezione della Badia di Ganna. Venendo alla storia scritta, Goffredo da Bussero racconta che tre canonici del Duomo di Milano, tali Igizone giudice, Attone prete e Arderico, fratello del cancelliere dell'Arcivescovo di Milano, colpiti dalla solennità del posto, segnalato dall'incontro della volpe e il gallo, decisero qui di fondare un ospizio monastico sotto il controllo della Pieve di Arcisate e la giurisdizione arcivescovile di Milano, dalla quale otterrà privilegi e autonomia grazie alla Bolla dell'arcivescovo Arnolfo III del 1095, prima data documentata della storia della nascita della Badia.
I primi anni raccontano di una forma di aggregazione eremitica di regola benedettina che, grazie alla posizione strategica e alla protezione degli arcivescovi ambrosiani, acquista ben presto sempre più potere e giurisdizione sul circondario, diventando come una piccola signoria monastica. La Badia era nata in un punto fondamentale di passaggio, di scambi e di commercio: lungo tutta la Valganna correva e corre una delle più importanti vie commerciali dell'Italia Settentrionale, la Via Francisca del Lucomagno. E' un antico tracciato romano-longobardo che da Costanza, attraversando la Svizzera tramite il passo del Lucomagno, giungeva a Pavia e là si collegava con la Via Francigena nel cammino verso Roma. Era un territorio quindi di grandi scambi, ricco, cui guardano subito con grande interesse gli abati che già, soprattutto in Piemonte, controllavano le valli e le vie di scambio commerciali: i Fruttuariensi.