Baccinello, Borgo nel Comune di Scansano a circa 25 chilometri ad est di Grosseto, trae le proprie origini dall’attività mineraria che si sviluppò agli inizi del novecento.
Anticamente il territorio era posto nella corte del castello di Cana, poi corte del Cotone, antico castello Ardenghesco.
È grazie al lavoro, al sacrificio, alle fatiche, al sudore dei minatori e di tanti altri lavoranti se da una regione pressoché deserta, come all’epoca si presentava quella di Baccinello, è nato un villaggio che nel corso dei decenni ha acquistato una sua peculiare identità.
Il borgo di Baccinello, il cui territorio affonda le radici milioni di anni fa, trae origine dall’apertura della Miniera di lignite che ha richiamato uomini e famiglie intere da paesi, province e regioni diverse, con passato, costumi, comportamenti, culture e idiomi diversi, di solito spinti dal bisogno, la cosa che più d’ogni altra li accomunava. Il duro lavoro della miniera e la semplicità d’animo di quella gente schietta, diseredata, spesso duramente provata dalla vita, ha sicuramente contribuito a superare ogni diffidenza, ogni incomprensione, ogni distinzione, favorendo la costruzione di un solidale rapporto d’amicizia, di fiducia e stima reciproca fino a fondersi in una vera e propria comunità, sicuramente valorizzata dalle diversità di cui è portatrice.
L’apertura delle Miniera risale al 1918. La Miniera, tra aperture e chiusure, crisi e nuove speranze, è stata attiva fino al 1958 quando le attività estrattive terminarono definitivamente.
Il nome di Baccinello (GR) è indissolubilmente legato ad un reperto fossile eccezionale: lo scheletro di una scimmia antropomorfa della specie Oreopithecus bambolii. Il reperto fu scoperto il 2 agosto 1958 nei pressi di questo piccolo centro urbano nato intorno alle miniere attive in quegli anni nella Maremma.
L'esemplare, oggi conservato presso il Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Firenze, fu battezzato con il nomignolo amichevole di “Sandrone” dai minatori che collaborarono al recupero del fossile, estratto dalle profondità delle gallerie minerarie dove era sepolto dal Miocene superiore.
Nell'estate del 1958, la miniera stava per essere chiusa per insormontabili problemi economici. Il 2 Agosto il prof. Johannes Hürzeler, il paleontologo svizzero che si era trasferito a Baccinello, aveva ormai le valigie pronte per rientrare a Basilea ma la notte prima della partenza fu svegliato dal responsabile della miniera, con la notizia che nella miniera una galleria a 200 metri di profondità era crollata e che in seguito al crollo alcune ossa affioravano sulla volta della galleria. I due minatori riconobbero uno scheletro intatto di ciò che il professore stava ricercando da tanto tempo: il cosiddetto ominide di Baccinello.
Quando Hürzeler scese in miniera fu subito chiaro che le ossa esposte erano davvero quelle di uno scheletro di Oreopithecus. Esponendosi al pericolo di un ulteriore crollo nella galleria, non essendo sicuro della fattibilità di un recupero, Hürzeler eseguì un disegno a grandezza naturale delle ossa visibili per documentare nel miglior modo possibile il ritrovamento.
Oggi, con la spinta della locale Proloco, di alcuni vecchi minatori e dei loro discendenti, è attiva una forte azione di recupero della Memoria dei luoghi.
La popolazione di Baccinello ha organizzato in questi anni un piccolo “Museo della Miniera e dell’Ominide” e sta lavorando alla costruzione di un percorso con cartelli illustrativi dei luoghi attraversati e immagini storiche dello stato dei luoghi all’epoca della Miniera. Di rilievo la uscita (21.7.2019) del film "Miniera" di Lucilla Salimei, ricco di documentazione storica.