I primi cenni che raccolgo sulla storia, la vita ed il personaggio di Pasquale Bruno, brigante di Bauso, sono quelli noti, della sua vita romanzata narrata da Alexandre Dumas padre, che ne raccolse le testimonianze 32 anni dopo la morte del bandito. Vincenzo Bellini, noto compositore catanese, dimorato a Parigi, consiglia all'amico Dumas, ammalatosi nel 1832 di colera, ed in procinto di lasciare Parigi alla volta di un paese con un clima più salubre per la sua precaria salute, di passare, una volta arrivato in Sicilia, per il villaggio di Bauso per farsi raccontare la storia di Pasquale Bruno (vedi sopra prologo del racconto). La storia di Pasquale Bruno deve molto al racconto che ne fa il Dumas, romanzando le sue gesta nelle Impressions de voyage e nel romanzo del 1838 Pascal Bruno. Il compito, arduo, che qui ci prefiggiamo è quello di scoprire chi è il personaggio Pasquale Bruno, dove finisce la storia ed inizia la leggenda di questo singolare brigante ed il tempo in cui visse. Pasquale Bruno, figlio di Antonio Bruno, nasce a Bauso nel 1780, Ha un'infanzia difficile, conseguenza di un infame avvenimento accaduto nel 1788, quando lui era ancora in tenera età. La madre di Pasquale Bruno era una bella donna, ed era ripetutamente stata oggetto di attenzioni da parte del conte di Castelnuovo, signore del villaggio di Bauso. Il quale non riuscendo nè con le lusinghe nè col denaro nè con le minacce a sedurre la bella paesana, approfittando dell'assenza del marito Antonio, andato a Taormina, la fece rapire da quattro uomini, che la portarono in una piccola casa di proprietà del conte, sita tra Limeni (oggi Merì) e Furnari. Lì fu violentata e pare poi frustata. Ora per gli usi dell'epoca. il conte, signore del Paese, era ritenuto padrone, non solo degli averi dei suoi abitanti, ma anche delle loro vite. Agli occhi della gente l'amore del signore del paese, per una sua paesana era quindi considerato un grandissimo onore, poco importava se non era condiviso dalla bella e che questa fosse già sposata, anzi era gravissima offesa rifiutare di accettare le attenzioni del gentiluomo di turno. Evidentemente, da Antonio Bruno, siciliano fiero e di sangue caldo, ciò non fu considerato tale, venuto a sapere dell'accaduto si armò, in preda ad un attacco d'ira, e trovato l'infame conte lo ferì pugnalandolo. Qui il primo dubbio: il conte, secondo Dumas subì una ferita non grave, mentre, secondo Giuseppe Canuti, la ferita inflitta fu mortale. Così Antonio si rifugiò presso i suoi fratelli, Placido, Pietro e Peppe, i quali lo difesero allorquando i birri (gendarmi di un tempo) andarono a catturarlo. Antonio fu condannato a morte, la sua testa mozzata, rinchiusa in una gabbia fu esposta alla pubblica vista appesa alle mura del castello di Bauso. I fratelli furono rinchiusi nel carcere a vita, Placido a Favignana; Pietro a Lipari; Peppe a Vulcano. Pasquale, ancora troppo giovane, fu arrestato, ma successivamente fu rimandato dalla madre, che per la vergogna si trasferì col piccolo Pasquale sulle montagne fra Pizzo di Gotto (uno dei villaggi che adesso formano Barcellona Pozzo di Gotto) e Nisi, ivi morì povera e disonorata. Fu lo stesso Pasquale a seppellirla fuori dal luogo consacrato.
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