Sono passati molti anni da quanto l'antica farmacia della Santa Casa svolgeva le sue funzioni. Oggi è posta al piano terra del lato corto del palazzo Apostolico antistante la Piazza della Madonna, mentre in un primo tempo era ubicata accanto all'ospedale sorto alla fine del XIV secolo per curare i pellegrini malati. Già a quel tempo la salute dei pellegrini e dei bisognosi era una priorità. Lo stabile della farmacia è composto di due stanze: la prima con un mobilio tipico da farmacia, ove probabilmente si trovava il punto vendita sulla piazza; la seconda con la volta decorata nelle quattro vele con grottesche, stemmi e ritratti di scienziati e dottori in medicina tra cui: Esculapio, Avicenna, Galeno, Ippocrate, Ulisse Aldovrandi e Pietro Andrea Mattioli. Al centro delle volte si riconoscono i tre stemmi araldici ecclesiastici con il galero rosso cardinalizio sulla sommità e i nappi che circondano lo scudo del Cardinale Antonio Barberini (1607-1671), Legato apostolico della Marca Anconetana dal 1628 e protettore della Santa Casa; del Cardinale Tiberio Cenci (1580-1653) governatore della città di Loreto dal 1621 e del Cardinale Emilio Altieri, (1590-1670) vicario di Loreto dal 1633, eletto Papa nel 1670, con il nome di Clemente X.
L’importanza di questa antica farmacia è dimostrata dagli inventari custoditi nell'Archivio della Santa Casa, risalenti al XVII secolo, nei quali si può comprendere quanto questa struttura fosse fondamentale sotto il profilo sanitario e come fosse in grado di rispettare tutte le prescrizioni sancite dal governo dello Stato Pontificio in materia di salute pubblica. Dal confronto con le prescrizioni di Legge, l’Antica farmacia della Santa Casa era in grado di fornire ulteriori medicamenti composti, rispettosi della farmacologia galeno-araba in grado di curare la maggior parte dei pellegrini malati provenienti anche dagli stati esteri, oltre che alleviare le sofferenze dei ricoverati all'ospedale e degli abitanti della città bisognosi di cure.
Come da "Regolamento di Sanità" lo speziale aveva l'obbligo di preparare i medicamenti sotto la supervisione di un medico, pena il sequestro e la distruzione dei preparati. Il costo delle medicine era stabilito dal Protomedico Generale dello Stato Pontificio assistito dal Collegio degli Speziali e dipendeva dalle diverse condizioni economiche delle province pontificie. In alcune situazioni di particolare indigenza le medicine venivano offerte al corrispettivo di una oblazione calcolata sulla base delle disponibilità economiche del malato.
L’importanza della Farmacia della Santa Casa è testimoniata oggi dal gran numero dei vasi da farmacia, ancora in gran parte esistenti, conservati nel Museo Pontificio Santa Casa. Si tratta di maioliche di pregiata fattura che un tempo ammontavano a 550 pezzi e che oggi raccontano la grande tradizione della farmaceutica loretana. Albarelli da farmacia, brocchette, vasi, vasetti, brocche per l'acqua medicamentosa e giaroni erano utilizzati per conservare al meglio le materie prime, gli unguenti, le pillole, le polveri, gli sciroppi ed altri medicamenti creati dalle sapienti mani degli speziali.
Le maioliche vennero realizzate e decorate dai maestri di Urbino.
Il primo e più antico nucleo formato da 378 pezzi, venne donato alla Santa Casa nella seconda metà del XVI secolo. Due sono le ipotesi. La prima dice che i vasi vennero donati da Giulio Feltrio della Rovere, Cardinale del casato urbinate e protettore di Loreto, mentre la seconda afferma che la donazione votiva sarebbe opera di Francesco Maria II della Rovere, ultimo Duca di Urbino.
Il secondo nucleo di maioliche, ha invece un riferimento preciso nei documenti d’Archivio ove ne risulta l’acquisto di 178 pezzi in Urbino nel 1631 da parte degli amministratori della Santa Casa. Il terzo nucleo, formato da 15 pezzi, provenienti da donazioni e acquisti effettuati nell'arco dei tre secoli, si presenta come un insieme disorganico rispetto ai due nuclei principali.