Si tratta di una particolare costruzione che in dialetto segnino prende il nome di Còna: si tratta, cioè, di una grande edicola che in passato poteva essere sia luogo di preghiera (ma senza funzioni liturgiche particolari) sia come luogo di riposo per i viaggiatori che percorrevano le strade a piedi o a cavallo.
L’attuale Còna non ha le caratteristiche tipiche di questi beni, trattandosi di un grande affresco addossato ad una casa privata, ma ha mantenuto intatto il nome di quella antiche che venne demolita nel 1929 per lavori di allargamento e rifacimento della strada e delle case li vicino: il fatto che il nome sia rimasto inalterato è indice del fatto che la percezione e l’affetto dei Segnini nei confronti di questo Bene non è mai mutata ed è ancora oggi inalterata.
L’affresco, opera del pittore Dyalma Stultus (che inizialmente collaborò anche con Vittorio Birsa), si presenta come un arco avente una base larga 132 cm: l’altezza, dalla base all’apice dell’arco, è di 230 cm mentre gli stipiti fino all’imposta dell’arco sono alti 170 cm.
Il dipinto raffigura un episodio della vita di San Bruno di Segni, patrono del paese, narrato nel Chronico Casinense: il santo, non volendo essere eletto vescovo della città, tenta di fuggire ma è bloccato dalla visione di una donna (simbolo della chiesa segnina) che gli ordina di tornare indietro.
Un distico latino (oggi pressoché illeggibile), posto alla base del dipinto, sintetizza poeticamente il fatto: «Bruno redi: nactam tibi summo Numine sponsam/non aequum est solam deseruisse: Redi» («Bruno, ritorna: non è giusto aver lasciato sola la sposa a te affidata dal sommo Dio: ritorna»).
L’affresco è stato realizzato nel 1937 per diretto interessamento (anche economico) del Comune di Segni che dichiarò tale bene «di interesse pubblico».