Visitando gli affascinanti borghi senza tempo della Valdambra è possibile rimanere incantati dalla Badia a Ruoti, un’abbazia arrampicata sui vicoli ciottolosi, di cui le prime testimonianze risalgono intorno all’anno mille quando apparteneva ai monaci camaldolesi; in verità ci sono indizi che lasciano pensare che ancor prima fosse di proprietà dei benedettini. A causa dei frequenti assedi, in passato fu testimone di lotte e guerre che di volta in volta mal ridussero il complesso abbaziale, costringendola a subire alcuni interventi strutturali, tanto da perdere il suo originale aspetto nel corso del XVII secolo. Negli anni, diversi interventi di restaurazioni, hanno riportato in vita la forma originaria della Badia di San Pietro a Ruoti. La chiesa sfoggia nella facciata un prototipo pensile risalente all’XI secolo. L’interno, che si sviluppa a croce latina, presenta una sola navata che termina a abside semicircolare; all’incrocio della navata col transetto si innalza una cupola rivestita all’esterno da un alto tiburio ottagonale. Essa custodisce alcuni affreschi del XVI secolo, che il trascorrere dei secoli ha reso frammentari; quest’ultimi rivestono le pareti laterali interne e sembrano che accompagnino lo sguardo del visitatore verso l’aureo dipinto dell’Incoronazione della Vergine di Neri di Bicci realizzato nel 1472. L’abbazia è andata via via ingrandendosi, infatti in origine era più piccola con il tetto, in perfetto stile romanico, fatto a capriate e coperto con lastre di pietra. Successivamente fu ampliata con l’aggiunta del transetto, dell’abside e del campanile. Per riequilibrare le nuove dimensioni del complesso, fu rialzato il tetto con l’impiego di mattoni rossi che sostituirono la pietra.
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