“Se le api scomparissero dalla terra, per l’uomo non resterebbero che 4 anni di vita”.
Questa frase, attribuita al grande Albert Einstein, è un falso, ma contiene una piccola verità dato che la moria planetaria delle api sta portando alla luce il bisogno vitale di insetti impollinatori. Per questo il FAI vuole dare il suo contributo lanciando il progetto “Api nei beni”: un percorso concreto di supporto agli apicoltori attraverso la creazione di nuove colonie di api nei luoghi di cui la Fondazione si prende cura.
La frase attribuita a Einstein contiene un avvertimento da non sottovalutare. Le api, una delle specie più importanti tra gli impollinatori, hanno un ruolo essenziale nell’equilibrio degli ecosistemi: garantiscono la proliferazione della maggior parte delle piante che danno nutrimento a uomini e animali.
Gli insetti impollinatori sono dunque un anello fondamentale della catena alimentare. Senza il loro lavoro buona parte delle coltivazioni agrarie (frutta, verdura e anche il foraggio) non avrebbe modo di perpetuarsi e la nostra stessa sopravvivenza sarebbe in pericolo, visto che un terzo del cibo che consumiamo dipende dall’opera di impollinazione.
Qualora le api scomparissero, l’unica soluzione sarebbe quella – già adottata oggi in alcune parti rurali della Cina – di impollinare i fiori, uno a uno, manualmente.
La situazione è molto urgente: negli Stati Uniti, infatti, gli apicoltori hanno dichiarato una perdita del 40% delle loro colonie, in Europa la perdita si aggira in media attorno al 20%. I danni sono più contenuti in Italia ma costringono ugualmente gli apicoltori a ricostituire anno dopo anno gli alveari, a rinforzare quelli rimasti e indeboliti, a cercare di mantenere costante il patrimonio: tutto ciò crea difficoltà all’intero settore, soprattutto ai piccoli apicoltori, con effetti negativi sull’impollinazione delle colture e della flora selvatica.
Se consideriamo che sono stimati da 217 a 265 miliardi di euro i benefici economici a livello globale legati all’impollinazione il danno risulta evidente. Senza il contributo degli insetti impollinatori circa un terzo delle colture dovrebbe essere impollinato con altri mezzi.
A questo proposito l’Università di Harvard ha diffuso dei dati molto preoccupanti: i ricercatori hanno infatti calcolato che la scomparsa totale degli impollinatori potrebbe portare a un aumento di quasi il 3% della mortalità globale. La riduzione consistente della produzione globale di frutta, verdura e semi (rispettivamente 22,9%, 16,3% e 22,9%) potrebbe infatti determinare una carenza degli apporti vitaminici fondamentali, soprattutto per quelle popolazioni che già hanno un’alimentazione inadeguata, causando un aumento delle malattie legate alla malnutrizione.
Questo ruolo delle api è di gran lunga superiore al valore stesso della produzione di miele, perché con il meccanismo stesso dell’impollinazione sono in gioco la qualità e la quantità stessa di cibo che in futuro il pianeta riuscirà a produrre.
Oggi sono quattro le principali cause che assillano le api: anzitutto il loro spazio vitale si è frammentato, urbanizzato, nel complesso ridotto; inoltre virus e parassiti, come la varroa, hanno iniziato ad attaccare le loro colonie; infine la loro crescente e inaccettabile esposizione ai pesticidi utilizzati in agricoltura. Sono problemi enormi, estranei alla buona gestione dell’apicoltore.
Le sostanze chimiche appositamente progettate per uccidere gli insetti rappresentano il rischio più diretto per gli insetti impollinatori. Le comuni pratiche agricole si basano sull’uso intensivo (e spropositato) di prodotti chimici, utilizzati persino in periodi sbagliati. Sui terreni italiani vengono versate annualmente 175mila tonnellate di sostanze chimiche. Appena 1 grammo di un pesticida neonicotinoide ha una tossicità equivalentemente a 7 kg del vecchio DDT.
I neonicotinoidi sono i pesticidi di ultima generazione e producono effetti negativi sullo sviluppo dei neuroni. Applicati come spray sulle foglie, in forma granulare sul suolo o per il trattamento delle sementi, i neonicotinoidi sono fra gli insetticidi più diffusi attualmente utilizzati in agricoltura su mais, alberi da frutto, patate e molte altre colture. Hanno proprietà sistemiche, ovvero vengono assorbiti e si diffondono in tutta la pianta. La presenza di residui di neonicotinoidi è stata infatti accertata in ogni parte delle piante, inclusi il polline e il nettare. A causa della sospetta tossicità di queste sostanze per le api, la Commissione europea ha posto delle restrizioni al loro utilizzo.
Sulle api gli effetti osservati sono letali:
I fattori di stress dovuti a cambiamenti climatici e all’uso di pesticidi compromettono il sistema immunitario dell’ape, facilitando esplosioni virali letali per le colonie. Altamente invasivo è l’acaro Varroa Destructor.
Nel 2014 in Calabria e in Sicilia, sono stati rilevati in alcuni alveari esemplari di Aethina tumida. Si tratta di un coleottero arrivato tramite nave dall’Africa e che si è diffuso un po’ in tutto il mondo: l’Aethina si insedia nell’alveare e vi deposita le uova. Alla schiusa le larve si nutrono di tutto quel che trovano: miele, polline e larve di api. Alla maturità il parassita si lascia cadere nel terreno e qui rimane fino a quando non riemerge allo stadio adulto e ricomincia il ciclo. Il danno causato da questo scarabeo è sostanzialmente di tipo economico, poiché riduce le produzioni degli alveari attaccati, alterandone la qualità.
Gli impollinatori non possono sfuggire ai diversi e pesanti impatti dell’agricoltura industriale, sia a causa della distruzione degli habitat naturali causata da un modello invasivo di agricoltura, sia per gli effetti nocivi delle pratiche agricole intensive quando gli areali degli impollinatori inevitabilmente si sovrappongono con aree agricole di stampo industriale.
La frammentazione degli habitat naturali e semi-naturali, l’espansione delle monocolture e la mancanza di biodiversità sono tutti fattori che hanno contraccolpi pesanti per gli insetti impollinatori. L’agricoltura intensiva è generalmente correlata a un calo del numero e della ricchezza degli impollinatori selvatici, e di conseguenza dei loro “servizi” che forniscono alle pratiche agricole.
Molte conseguenze dei cambiamenti climatici – come l’innalzamento delle temperature, il mutato andamento delle precipitazioni e più irregolari o estremi eventi meteorologici – causano impatti sempre più evidenti sulle popolazioni di impollinatori. Tali modifiche influiscono sugli insetti sia individualmente che sulle comunità, traducendosi in un aumento del tasso di estinzione.
In particolare i cambiamenti climatici alterano la relazione tra gli impollinatori e le loro fonti di cibo. L’anticipata variazione delle date di fioritura, causata dalla modifica dell’andamento ciclico delle temperature, provoca una maggiore difficoltà nelle api a raccogliere il polline e di conseguenza le sue fonti di cibo.
L’Unione Europea ha provato a far fronte alla moria delle api mettendo al bando fino al dicembre 2015 i tre tipi di pesticidi più dannosi. Si tratta, tuttavia, di una goccia nel mare e servirebbe ben altro per invertire la tendenza. Il progetto del FAI intende contribuire alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica e delle istituzioni nazionali ed europee sul tema.
Oltre alla proroga ed estensione a livello europeo (o mondiale) del divieto assoluto di utilizzo dei pesticidi neonicotinoidi, le seguenti azioni potrebbero salvare le colonie di api:
Da oltre 40 anni ci impegniamo ogni giorno per la difesa e la tutela dell'ambiente e del paesaggio italiani. Aiutaci a continuare la nostra missione.