Il FAI protegge oggi 1100 ettari di territorio italiano. Ad una prima valutazione potrebbero sembrare pochi ma ad un’osservazione più attenta, non può non colpire il “come” questi territori vengono preservati e valorizzati. Il FAI tutela boschi, pascoli, vigneti, uliveti, orti e molto altro.
Ad esempio il FAI sta lavorando affinché nell’area naturalistica del Monte Fontana Secca e Col de Spadaròt, in provincia di Belluno, tornino a pascolare le vacche burline; sulle Alpi Orobie, all’Alpe Pedroria e Madrera, il FAI sta realizzando un progetto per riportare sui pascoli le vacche da latte e recuperare la varietà ecosistemica dei pascoli, da trent’anni abbandonati.
Un altro esempio di un luogo di grande valore naturalistico sono i Giganti della Sila, riserva naturale nel cuore del Parco Nazionale della Sila, che con i suoi alberi monumentali costituisce una vera e propria riserva genetica. Si tratta di veri e propri «giganti» alti anche più di 45 metri, dal tronco largo fino a 2 metri e dall’età di 350 anni, davvero unici nel panorama ambientale italiano
Sempre elencando la varietà dei luoghi che il FAI gestisce, un ottimo esempio è il Bosco di San Francesco, ad Assisi (Perugia), luogo incredibile per la sua sacralità e per la bellezza che ha saputo esprimere dopo il recupero messo in campo dal FAI. Qui troviamo oliveti disegnati da artisti (il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto – 121 olivi disposti a doppio filare) e oliveti storici.
Quando il FAI ha acquisito nel 2008 il Bosco di San Francesco la situazione era di evidente degrado: il sentiero che scendeva dalla Basilica di San Francesco era sconnesso e interrotto da una frana, il bosco era inselvatichito, i monumenti abbandonati e in parte crollati. Da qui ha preso avvio il progetto di restauro conservativo e paesaggistico promosso dal FAI, diretto al recupero degli elementi naturali, storici, e colturali che caratterizzano questi 64 ettari di paesaggio italiano.
Anche alla Baia di Ieranto, a Massa Lubrense (Napoli), luogo del FAI inserito nella Riserva Marina Protetta di Punta Campanella, si possono trovare degli splendidi oliveti storici, ma non solo: gran parte del territorio di proprietà del FAI viene affidato alle sapienti mani di alcuni agricoltori che non solo coltivano e producono alimenti di qualità, ma svolgono un’azione di vero e proprio presidio del territorio. Poter affidare ai cittadini un tale patrimonio è un modo meraviglioso di essere ambientalisti.
Un altro splendido esempio sono gli agrumeti del Giardino della Kolymbethra, nella Valle dei Templi (Agrigento), che oggi sono produttivi in modo straordinario.
Ridare vita a un monumento è bello ma ridare vita a qualcosa di vivo è straordinario perché la risposta è immediata. Dopo un lungo abbandono, nel corso del quale il Giardino era diventato una selva di rovi, nel 1999 la Regione Sicilia ha affidato l’area al FAI, per un periodo di venticinque anni. Oggi i cinque ettari della Kolymbethra offrono una notevole varietà arborea e paesaggistica: dal mirto alla ginestra, dal mandorli ai fichi d’india, fino allo splendido agrumeto che ha raccolto antiche varietà di limoni, aranci, mandarini, e molto altro…
Anche presso l’Abbazia di Santa Maria di Cerrate, a Lecce, è stato recuperato un antico aranceto, con un attento lavoro di reinnesto.
Sull’Isola di Pantelleria c’è un meraviglioso esempio dei piccoli capolavori che l’uomo può produrre quando opera in modo corretto verso la natura. Il Giardino Pantesco Donnafugata è un unico albero di arancio che vive della rugiada che si forma sui muri della recinzione che lo accoglie. Questo è un simbolo dell’intelligenza che può instaurarsi tra l’uomo e la natura.
Tutti questi luoghi sono contesti vivi, veri, dove la storia non si è fermata ma si è adeguata al valore naturale. Il FAI ha una grande opportunità da questo punto di vista: inserirsi nella storia di questi luoghi per preservare l’unicità che li caratterizza.
Tanti sono i modi di curare la terra, il FAI a questo proposito conserva uno straordinario campionario. L’approccio della Fondazione rispetto ad ogni nuovo intervento prevede questi passaggi: conoscere, curare, coltivare e infine difendere.
Podere Case Lovara, una delle più recenti acquisizioni del FAI a Punta Mesco (Levanto), è un podere agricolo situato su un promontorio nel Parco delle Cinque Terre. Dopo aver effettuato la pulizia dai rovi e dalle sterpaglie che avevano ormai invaso l’area, sono emersi i terrazzamenti eroici che l’uomo ha realizzato con straordinaria perizia a picco sul mare. Il lavoro è stato complesso perché per prima cosa è stato necessario entrare in contatto con il territorio. L’attività del FAI ‐ come sempre quando opera localmente ‐ è in questo caso a favore di Levanto e della sua comunità.
Il secondo passo che il FAI fa seguire quando interviene su un territorio, è raccontare la storia dei luoghi che ha scelto di preservare e in tal modo radica il suo rapporto con il territorio. Questo aspetto viene affrontato sempre più dal FAI con il supporto delle università. A Punta Mesco il FAI ha quindi attivato una collaborazione con l’Università di Genova per tracciare le possibili linee di sviluppo del progetto di ripristino dell’area.
Il FAI ha raggiunto una maggiore consapevolezza rispetto alle competenze: spesso è necessario affidarsi ad altri, ai tecnici, alle università, per raccogliere quelle competenze che internamente non ci sono o che non fanno parte del bagaglio che negli anni la Fondazione ha costruito.
Anche nel caso dell’intervento del FAI sulle Alpi Pedroria e Madrera, il Piano di pascolamento è stato realizzato, dopo uno studio molto approfondito, insieme a importanti istituti di ricerca presenti sul territorio.
A Podere Case Lovara i primi terrazzamenti sono stati rifatti. E’ stato un lavoro estremamente complesso perché è stato necessario prevedere 9 livelli di terrazzamenti. In Italia la complessità della cultura dei muretti è notevole: ogni Regione ha una metodologia costruttiva diversa. Anche per gli ulivi vale il medesimo principio, le potature cambiano a seconda della Regione di appartenenza.
I muretti alla Baia di Ieranto vengono costruiti in modo tale che sia facilitata la raccolta dell’acqua da impiegare per l’irrigazione delle colture.
Qualche mese fa la Baia di Ieranto è stata colpita da un incendio proprio nella parte che non è coltivata, a sottolineare l’importanza del presidio che l’agricoltura svolge per il territorio. Questa disgrazia ha permesso però di scoprire la presenza di terrazzamenti antichi che il FAI intende recuperare.
Presso l’Abbazia di San Fruttuoso, a Camogli (Genova), il FAI non si occupa unicamente del restauro delle strutture architettoniche: sul fronte della cura del territorio ha messo in sicurezza i versanti, grazie a un accordo siglato con il Comune di Camogli che prevede un intervento di prevenzione dal dissesto idrogeologico.
Grazie a un iniziale contributo FAI, il Comune ha, infatti, potuto avviare uno studio e realizzare la progettazione definitiva di un intervento di prevenzione e messa in sicurezza del Borgo di San Fruttuoso e dei versanti a monte dell’Abbazia.
Ad oggi gran parte dei massi, che rischiavano un distacco lungo i sentieri, sono stati messi in sicurezza dal Comune grazie a delle chiodature ed è in corso un lavoro di approfondimento sulla gestione e contenimento delle acque in caso di fenomeni metereologici intensi, su cui saranno attivati dei finanziamenti Regionali.
La messa in sicurezza del monte di Portofino e del Borgo di San Fruttuoso passa anche dal recupero dell’attività agricola e sul ripristino dei muretti a secco, attività per cui il comune di Camogli, insieme al Parco, ha ottenuto un finanziamento europeo. Prendersi cura del territorio in modo concreto: questo prevede una tutela attiva e pragmatica del patrimonio italiano.
Tornando all’Alpe Pedroria non è stato dunque sufficiente restaurare le stalle come manufatto, ma sarà necessario farle tornare a vivere, attraverso l’attività dei vaccari che potranno tornare a ricoverare lì le vacche e a produrre il bitto storico, formaggio per il quale viene usato solo il latte della bruna alpina frisonata con una percentuale di latte di capra. Anche nel caso dell’alpeggio di Fontana Secca sul Monte Grappa sarà fondamentale il recupero delle stalle per riportare le vacche burline a pascolare in quei prati e a produrre il vero formaggio locale Bastardo.
A Podere Case Lovara il cantiere prosegue con numerose sperimentazioni: dopo aver recuperato gli uliveti e aver prodotto il primo olio lo scorso anno, il FAI sta lavorando per piantare le vigne. Anche questo aspetto non è stato semplice perché ha comportato la scelta tra diverse tipologie di coltivazione.
La vigna a pergola, metodologia diffusa in questo territorio, verrà utilizzata solo per una piccola parte dimostrativa del vigneto, per il resto saranno utilizzate delle metodologie di più facile realizzazione.
Poiché Podere Case Lovara a Punta Mesco sarà un agriturismo è stato necessario, non soltanto prevedere la costituzione di un’azienda agricola, ma ripristinare gli orti esistenti (con i metodi della biodinamica) perché quello che si consumerà nel ristorante sarà esclusivamente prodotto a Punta Mesco.
Gli orti si trovano in numerosi altri beni del FAI: alla Baia di Ieranto abbiamo numerosi orti coltivati da agricoltori del posto, al Giardino della Kolymbethra sono stati recuperati gli impianti di irrigazione degli orti che hanno scopo istruttivo, a Villa Necchi Campiglio, a Milano, gli orti sono dimostrativi, servono a raccontare una storia. Alcuni orti servono per la vita di una proprietà, altri servono per un racconto.
Il recupero dell’attività agricola del Podere Case Lovara e la realizzazione delle strutture ricettive consentirà a questo luogo di rivivere e di poter essere vissuto da tutti.
A Punta Mesco il FAI ha avviato anche un interessante progetto per consentire al bene di essere sostenibile dal punto di vista energetico. Podere Case Lovara non è infatti allacciato alla linea elettrica e per questo è stato realizzato un campo fotovoltaico sul tetto dell’edificio principale e grazie a una schermatura i pannelli non sono visibili.
Questa iniziativa si inserisce nel più ampio progetto “Sostenibilità Ambientale dei Beni FAI”, che prevede una serie di interventi di efficientamento sulle strutture di proprietà della Fondazione per ridurre i consumi energetici e conseguentemente l’impronta ecologica legata alla gestione dei beni. Tra gli interventi messi in campo si ricordano: le sostituzioni delle lampadine con luci LED, l’installazione di nuove caldaie, introduzione di interventi di regolazione e monitoraggio da remoto della temperatura.
Un problema ulteriore legato alla sostenibilità dell’attività è la presenza dell’acqua che è assai scarsa, esiste una sorgente ma non è sufficiente a fornire l’acqua necessaria alle funzioni agricole e a quelle della ricettività. Per questo a Punta Mesco sono state interrate delle vasche di accumulo e delle pompe per portare l’acqua dove serve. Il recupero delle acque nere (impianto di depurazione) ha previsto uno studio molto complesso svolto dall’Ufficio Tecnico del FAI.
La presenza dell’acqua è stata centrale anche per il recupero della Giardino della Kolymbethra dove la pulizia degli ipogei, da cui sgorga naturalmente l’acqua, e il recupero delle strutture di irrigazione, entrambi realizzati nel periodo della colonizzazione greca, permettono di portare l’acqua alle colture e di svolgere l’attività agricola in un territorio che ha problemi di scarsità idrica.
L’esempio del Giardino Pantesco a Pantelleria è estremamente significativo rispetto al recupero delle acque per l’agricoltura. Il muro che circonda l’albero di arancio consente di raccogliere la rugiada e di trasferirla nel terreno. Il Giardino è un piccolo sistema che si auto‐sostiene.
Il FAI sta inoltre installando in tutti i suoi beni delle arnie (ad oggi le api sono presenti in 10 beni e nei prossimi mesi saranno portate in altri 5 luoghi), intervenendo in questo modo a tutela della biodiversità e della protezione di una specie oggi fortemente minacciata. Le api sono estremamente importanti perché consentono, attraverso l’impollinazione, la varietà delle specie vegetali. Sono un importante bioindicatore della qualità dell’ambiente circostante.
Senza il contributo degli insetti impollinatori, circa un terzo delle colture dovrebbe essere impollinato con altri mezzi. Questo ruolo della api è di gran lunga superiore al valore stesso della produzione di miele, perché con il meccanismo stesso dell’impollinazione sono in gioco la qualità e la quantità stessa di cibo che in futuro il Pianeta riuscirà a produrre.
Oltre alle arnie, sono stati realizzati in alcuni beni anche dei pollai. Tutto queste attività non si svolgono solo grazie agli studiosi, ai tecnici, agli ingegneri ma anche grazie alla grande conoscenza dei secoli della cultura contadina che molti collaboratori del FAI hanno ereditato e continuano a mettere a frutto: imparare a fare i muretti a secco, a potare in un certo modo gli ulivi, sono tutte attività che non si insegnano all’università.
Un patrimonio di valori e di luoghi che contraddistingue il FAI e che permette di operare a 360° anche su un territorio di 1100 ettari.
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