I primi Romani veneravano una lancia (Marte), un picchio (Pico) e un lupo (Fauno). Infatti Romolo era stato salvato da un picchio e da una lupa, antenati dei Silvi, i re di Alba. Un pantheon ancora semplice: quando Roma ha avuto coscienza di sé come potenza, si è forgiata un passato meno totemico e più cosmopolita. Già i Greci del VI e V secolo a.C. ritenevano che l'eroe troiano Enea, caduta Troia, avesse terminato le sue peripezie nel Lazio. Così non è stato difficile ai re Tarquini trovare in Enea e in suo figlio Ascanio l'origine dei Latini. Enea avrebbe condotto da Troia sulle coste laziali il culto del fuoco di Vesta e quello dei Penati, che, per i Romani, sarebbero diventati il fuoco sacro e i Penati di Roma. L'Eneide celebra l'epopea di Augusto, figlio di Cesare, discendente da Iulo, altro nome di Ascanio. Così si concludeva un intero ciclo epocale.
Ne parla Andrea Carandini, professore emerito di Archeologia Classica e Presidente del FAI, nella lezione di domenica 12 novembre presso il Teatro Carignano di Torino.
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