La pista, il gioiello che il Velodromo custodisce come uno scrigno, fu disegnata dall'architetto ungherese con titolo di studio tedesco Clemens Schuermann, capostipite di una dinastia di progettisti specializzata in velodromi tuttora in attività. Originariamente progettata e costruita a Roma nello stadio del Partito nazionale fascista (oggi stadio Flaminio) per i Campionati Mondiali del 1932, era stata poi smontata nei singoli pezzi, spedita a Milano e ricomposta allinterno del Vigorelli dalla Carpenteria Bonfiglio di Milano secondo le direttive e sotto la supervisione del primo progettista.
L'edificio era già stato innnalzato quando ci si accorse che la pista era leggermente troppo grande e per alloggiarla fu necessario svuotare di alcuni metri cubi di terra l'incavo dello stadio, posizionandola quindi sotto il livello del suolo. Ha uno sviluppo di 397,27 metri ed è larga 7,50 metri, con una pendenza che passa dai 6,57 gradi nei tratti rettilinei a un massimo di 42,5 gradi nelle curve. La pista originaria, restaurata e ricostruita più volte, era rivestita da 72 chilometri di listelli di pino dapprima induriti e impermeabilizzati e poi perfettamente connessi senza lasciare alcun margine alle infiltrazioni, in modo da costituire un manto uniforme, levigato e scorrevole che opponesse pochissima resistenza al rotolamento delle ruote e ai giochi di equilibrio che caratterizzavano le competizioni.
La perfezione nel disegno dell'ellisse, il calcolo attento dell'inclinazione delle curve, dei raccordi tra i tratti inflessi e i rettilinei, il particolare studio delle curve di visibilità da cui discende la complessa geometria delle tribune e tutta la concezione dell'impianto ne fecero un capolavoro di tecnica, il cui prestigio risiedeva nella scorrevolezza e velocità della pista e nell'alta qualità percettiva delle competizioni sportive che ospitava. All'interno della pista ciclistica correva un percorso concentrico con fondo in scorie di carbone adatto a gare podistiche e motociclistiche su terreno difficile (dirt track), mentre il prato interno poteva ospitare incontri di boxe e concorsi ippici.
E' stato teatro di sfide memorabili, record mondiali, campionati, è sede d'arrivo di importanti corse su strada, il Giro d'Italia, il Giro di Lombardia e il Trofeo Baracchi. Da semplice impianto sportivo diventò un luogo mitico, vero e proprio tempio del ciclismo internazionale. I paragoni si sprecano: la "Scala" del ciclismo, lo 'Stradivari' delle piste. Le fotografie dei campioni affollano le pareti dei piccoli bar della Bullona e del Sempione, il vecchio "borg di scigolatt", dove sorge il Velodromo. L'aura di leggenda che lo circonda sovrasta quasi quella degli stessi primattori che si sfidano sul parquet della pista. Dall'officina di Faliero Masi, che ha per tetto una gradinata del Velodromo, escono le biciclette dei maggiori campioni della strada e della pista.