Nel 1569 il Palladio è chiamato dalla cittadinanza a presentare un progetto di rifacimento del ponte, distrutto da una delle famigerate piene del Brenta. L’architetto disegna un ponte in pietra a tre arcate ispirato ai manufatti dell’antica Roma, ma il Comune boccia la proposta perché nei secoli l’esperienza ha insegnato che solo un materiale elastico come il legno è adatto a resistere alla corrente nei momenti di maggiore impeto. In seconda battuta il Palladio reinterpreta la struttura lignea precedente sia dal punto di vista statico, introducendo delle strutture triangolari allineate al flusso d’acqua, sia da quello estetico, nobilitando l’impalcato con un
colonnato tuscanico a sostegno della copertura. La robustezza del ponte è stata dimostrata dalla sua durata nel tempo: due secoli, prima di essere ricostruito tale e quale nel 1748. Una seconda ricostruzione risale invece alla fine della Seconda Guerra Mondiale, dopo la distruzione per mano dalle truppe tedesche in ritirata; successivamente ha resistito alla rovinosa alluvione del 1966. Simbolo cittadino, il Ponte Vecchio, come viene chiamato dai bassanesi, è legato anche alle memorie della Prima Guerra Mondiale e in particolare alle vicende degli alpini.