Nel cuore di Voghera, nel 1861, nasceva il Regio Ginnasio, un’istituzione che da subito si è imposta come uno dei pilastri della vita culturale e intellettuale della città. Da oltre un secolo e mezzo, il suo nome è motivo di vanto e orgoglio per la comunità, un simbolo del legame tra educazione, storia ed etica, un faro di cultura e arte. L’edificio che lo ospita, completato nel 1934 su progetto dell’ingegnere Eugenio Mollino, è oggi parte integrante del Liceo Galilei e accoglie anche gli studenti del Liceo delle Scienze Umane e del Liceo Linguistico. Ma la sua identità è indissolubilmente legata al nome di Severino Grattoni, grande architetto e ingegnere italiano, famoso per aver progettato il traforo del Frejus. Dedicato a lui, questo liceo ha formato generazioni di cittadini, intrecciando la sua storia a quella della città e del Paese. L’edificio stesso è un monumento vivente: un tempietto neoclassico che, con le sue due grandi ali finestrate, sembra aprirsi all’abbraccio della comunità. Ricorda l'antico gymnasion delle città greche, dove la gioventù veniva formata negli esercizi fisici, nella filosofia e nelle lettere e si ispira al Liceo di Aristotele, il Lykeion, luogo di insegnamento e riflessione. Chi varca l’ingresso è accolto da un busto imponente di Severino Grattoni, scolpito da Filippo Tallone, e circondato da un’atmosfera carica di storia. Le lapidi nell'atrio, dedicate agli alunni caduti nella Prima Guerra Mondiale, sono un tributo silenzioso a quei giovani che hanno lasciato un segno indelebile. All'ingresso delle aule, altre lapidi ricordano i caduti delle due guerre mondiali, mantenendo viva una continuità di valori tra passato e presente. Passeggiare nei corridoi del primo piano significa immergersi in un luogo che respira cultura. Le pareti sono adornate da imponenti armadi in legno, che custodiscono una preziosa collezione di reperti naturalistici: circa 1100 campioni, tra cui 150 zoologici, 900 mineralogici e paleontologici e 50 modelli botanici e anatomici. Un’eredità preziosa, che affonda le radici a metà Ottocento grazie all’opera del professor Pietro Pavesi e che, nel tempo, è stata arricchita. Alcuni reperti sono esposti in ottime condizioni, altri attendono il paziente lavoro di restauro per poter tornare a splendere. E non è tutto: le aule di fisica e chimica nascondono veri e propri tesori, una collezione di strumenti scientifici d’epoca che raccontano un passato di eccellenza accademica e innovazione.
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