Una famosa pagina di storia legata a Civitella e alla sua fortezza è quella relativa al Risorgimento. Il 26 ottobre 1860, dopo aver attraversato l'Emilia-Romagna e le Marche, l'esercito di Vittorio Emanuele II di Savoia strinse d'assedio Civitella; i soldati borbonici resistettero per ben duecento giorni. Nonostante la fine del Regno delle Due Sicilie suggellata il 13 febbraio 1861 con la caduta di Gaeta, la resa della piazzaforte siciliana di Messina avvenuta il 12 marzo e la proclamazione in Parlamento a Torino del Regno d'Italia il 17 marzo, Civitella continuò a combattere, resistendo fino al 20 marzo 1861, quindi tre giorni dopo che fu sancita l'Unità d'Italia. Questo episodio ne fa l'ultima roccaforte borbonica ad arrendersi all'unità nazionale.
Come sempre, durante un assedio coevo, una volta isolata la fortezza da possibili aiuti esterni, gli assedianti, guidati dal generale Luigi Mezzacapo (un napoletano di scuola borbonica), bombardarono la struttura per demoralizzare gli ultimi reparti borbonici. Eppure i soldati decisero, pur allo stremo delle forze, di resistere fino alla fine. Quando i bersaglieri riuscirono ad entrare in paese, grazie alle artiglierie più potenti di quelle borboniche, rastrellarono solo i 150 militari che si trovavano di riposo, deportandoli nella Fortezza di Fenestrelle in Piemonte. Gli altri 300, resistettero fino alla fine ritirandosi pian piano verso la piazza d'armi della Fortezza: quivi, una metà si asserragliò nel Palazzo del Governatore e l'altra metà nella chiesa. Giunti sulla piazza d'armi, i bersaglieri rivolsero gli ultimi cannoni borbonici verso le due costruzioni, bombardandole fino alla distruzione.
Solo nella seconda metà del secolo scorso, quando si restaurò la chiesa, furono trovati gli scheletri degli ultimi irriducibili, caduti nella difesa della Fortezza.