In caso di particolare affluenza l’ingresso al luogo potrebbe non essere garantito.
Edificata all'inizio dell'XI secolo su un territorio denominato Spineranno, la cappella di Santa Maria di Spinerano sorge sui resti di un cimitero romano, anticamente situato tra gli attuali comuni di Ciriè e San Carlo Canavese. Il primo documento che attesta la presenza della cappella in questo luogo è un regesto dei beni appartenenti all'abbazia di San Solutore di Torino datato 1118, nel quale la chiesa è citata col nome di "San Solutore in Spinariano" (o Spinairano). Nel 1349, la chiesa risulta tra le proprietà dell'abbazia di San Mauro in Pulcherada, che ne permette la sopravvivenza.
Tra il 1425 e il 1449 l'eremita francescano Domenico Pago della Marca d'Ancona realizza una nuova decorazione degli interni, che sostituiscono l'antico ciclo di affreschi, che oggi affiorano in più punti della chiesa. Il ciclo di affreschi quattrocentesco – ancora visibile grazie ai recenti restauri conservativi – raffigura al centro della calotta absidale una Maestà circondata da una scena della vita della Vergine, sant'Antonio Abate, il committente inginocchiato in preghiera, santa Caterina d'Alessandria con santa Chiara e Santa Maria Maddalena. Al di sotto, le figure dei dodici Apostoli sorreggono la scena.
Fino alla prima metà del Seicento, la chiesa serve l'intera comunità delle zone limitrofe, finché a fine secolo non viene costruita la nuova cappella dedicata a San Carlo Borromeo nel borgo alto (l'attuale San Carlo). Alla fine del secolo successivo, a causa del prolungato abbandono la chiesa risulta in rovina e, per evitare la perdita dei preziosi affreschi dell'abside, le tre navate originarie vengono abbattute e sostituite da un'unica nave centrale, mentre il soffitto a capriate lignee è sostituito da una volta in mattoni. La forma assunta nel XVIII secolo corrisponde a quella che si può ammirare oggi.
Nelle giornate FAI di Primavera si potrà visitare un cappella che a partire dal 1840 è proprietà della parrocchia di San Carlo Borromeo e successivamente è oggetto di restauro grazie all'attenzione e al finanziamento della famiglia Doria di Ciriè. Nel 1911 la chiesa è oggetto di un ulteriore restauro voluto dal conte Teodoro Messea e dall'archeologo e soprintendente Alfredo D'Andrade, al cui interessamento si deve l'iscrizione dell'edificio nella lista dei monumenti nazionali.