I Luoghi del Cuore
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CHIESA DEL CASTELLAZZO

CHIESA DEL CASTELLAZZO

CAMPAGNOLA EMILIA, REGGIO EMILIA

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CHIESA DEL CASTELLAZZO
Durante il periodo delle scorrerie degli Ungari di stirpe mongola, alla fine del IX secolo, a Campagnola si decide di costruire un castello. Campagnola sembra vantare il prestigio di una delle più antiche citazioni riguardanti un castello nella provincia di Reggio Emilia (22 gennaio 935). Come i castelli del IX secolo, era privo di mura perimetrali, protetto da uno o più fossati, terrapieni e paralizzate. Lo spazio recintato raccoglieva la popolazione in caso di pericolo. La chiesetta del Castellazzo, dedicata a Sant’Andrea apostolo, è l’unica parte ancora visibile di quel complesso che doveva essere castello e corte campagnolese. Il culto di sant’Andrea, di epoca romana, è antichissimo, perciò chi ha fondato il castello doveva aver rispettato un culto già preesistente del santo. Sant’Andrea ha una severa facciata romanica con due lesene triangolari ai lati, poggiati su basamenti quadrangolari e al centro il portale ad arco decorato con una cornice di cotto lavorato a losanghe. All’interno, le pareti spoglie e il soffitto a capriate la fanno apparire più ampia di quanto non sia in realtà. Vi si conservano, nell’abside principale, preziosi affreschi del Quattrocento. Carlo Magno nel 781, Carlo III nel 882 e Ludovico III nel 900, avevano concesso diritti ed immunità al vescovo di Reggio, che all’epoca esercitava anche poteri civili. Nel 1025, Campagnola entrò nell’orbita della famiglia del Marchese Bonifacio di Canossa, padre di Matilde, e soltanto nel 1052 anche il castello entrò a far parte dei beni dei Canossa, che lo presero in anfiteusi dalla chiesa di Reggio. Grazie a questo acquisto, tutta la villa di Campagnola entrò ufficialmente a far parte dei domini dei Canossa. Dopo la morte di Bonifacio, la vedova Beatrice cedette nel 1071 dodici corti con castelli, tra cui Campagnola, al monastero di Frassinoro. Matilde di Canossa vi risiedette nel 1108 e da qui emanò vari atti e donazioni. Con questo soggiorno, Matilde diede alla villa e a tutta la borgata grandissima notorietà e prestigio. La vita del Castellazzo non durò ancora per molto, perché intorno al 1371, in circostanze non ancora ben chiare, il maniero di Campagnola venne preso e distrutto. Della distruzione del Castellazzo mediante il fuoco resta memoria, secondo la tradizione, nello stemma municipale. La chiesa di Sant’Andrea fu risparmiata per paura di reazioni da parte del potente episcopato di Reggio. Il Castellazzo, che un detto popolare definisce al Castlàs di du sàs, cioè il castello dei due sassi, fu la cava più importante di mattoni e pietrame della zona. Il nome del Castellazzo è tuttora esistente nel territorio comunale e la chiesetta di Sant’Andrea sorge ancora su quel rialzo di terreno che sovrasta di un paio di metri il piano di campagna. È probabile che il vero e proprio castello comprendesse la chiesa e non lontano da essa, sia dal lato Sud, sia dietro l’abside, doveva correre un muro di cinta; da qui una striscia di terreno sopraelevato corre ancora oggi verso Nord per circa 54 m e con una larghezza di 16 m, nascondendo sicuramente macerie di antichi fabbricati. Dal terreno del podere, che ora sorge sull’antica sede del castello, è emersa, con l’aratura, una gran quantità di pietre, mattoni, cocci di vasellame e alcune armi di metallo. Subito dopo la seconda guerra mondiale, venne scoperto un cunicolo abbandonato terminato in un pozzo, forse un passaggio segreto per assicurarsi la fuga. Riguardo al nome, il Castellazzo viene chiamato in questo modo solo a partire dal documento del 1141: prima è sempre stato definito castellum o castrum.

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Durante il periodo delle scorrerie degli Ungari di stirpe mongola, alla fine del IX secolo, a Campagnola si decide di costruire un castello. Campagnola sembra vantare il prestigio di una delle più antiche citazioni riguardanti un castello nella provincia di Reggio Emilia (22 gennaio 935). Come i castelli del IX secolo, era privo di mura perimetrali, protetto da uno o più fossati, terrapieni e paralizzate. Lo spazio recintato raccoglieva la popolazione in caso di pericolo. La chiesetta del Castellazzo, dedicata a Sant’Andrea apostolo, è l’unica parte ancora visibile di quel complesso che doveva essere castello e corte campagnolese. Il culto di sant’Andrea, di epoca romana, è antichissimo, perciò chi ha fondato il castello doveva aver rispettato un culto già preesistente del santo. Sant’Andrea ha una severa facciata romanica con due lesene triangolari ai lati, poggiati su basamenti quadrangolari e al centro il portale ad arco decorato con una cornice di cotto lavorato a losanghe. All’interno, le pareti spoglie e il soffitto a capriate la fanno apparire più ampia di quanto non sia in realtà. Vi si conservano, nell’abside principale, preziosi affreschi del Quattrocento. Carlo Magno nel 781, Carlo III nel 882 e Ludovico III nel 900, avevano concesso diritti ed immunità al vescovo di Reggio, che all’epoca esercitava anche poteri civili. Nel 1025, Campagnola entrò nell’orbita della famiglia del Marchese Bonifacio di Canossa, padre di Matilde, e soltanto nel 1052 anche il castello entrò a far parte dei beni dei Canossa, che lo presero in anfiteusi dalla chiesa di Reggio. Grazie a questo acquisto, tutta la villa di Campagnola entrò ufficialmente a far parte dei domini dei Canossa. Dopo la morte di Bonifacio, la vedova Beatrice cedette nel 1071 dodici corti con castelli, tra cui Campagnola, al monastero di Frassinoro. Matilde di Canossa vi risiedette nel 1108 e da qui emanò vari atti e donazioni. Con questo soggiorno, Matilde diede alla villa e a tutta la borgata grandissima notorietà e prestigio. La vita del Castellazzo non durò ancora per molto, perché intorno al 1371, in circostanze non ancora ben chiare, il maniero di Campagnola venne preso e distrutto. Della distruzione del Castellazzo mediante il fuoco resta memoria, secondo la tradizione, nello stemma municipale. La chiesa di Sant’Andrea fu risparmiata per paura di reazioni da parte del potente episcopato di Reggio. Il Castellazzo, che un detto popolare definisce al Castlàs di du sàs, cioè il castello dei due sassi, fu la cava più importante di mattoni e pietrame della zona. Il nome del Castellazzo è tuttora esistente nel territorio comunale e la chiesetta di Sant’Andrea sorge ancora su quel rialzo di terreno che sovrasta di un paio di metri il piano di campagna. È probabile che il vero e proprio castello comprendesse la chiesa e non lontano da essa, sia dal lato Sud, sia dietro l’abside, doveva correre un muro di cinta; da qui una striscia di terreno sopraelevato corre ancora oggi verso Nord per circa 54 m e con una larghezza di 16 m, nascondendo sicuramente macerie di antichi fabbricati. Dal terreno del podere, che ora sorge sull’antica sede del castello, è emersa, con l’aratura, una gran quantità di pietre, mattoni, cocci di vasellame e alcune armi di metallo. Subito dopo la seconda guerra mondiale, venne scoperto un cunicolo abbandonato terminato in un pozzo, forse un passaggio segreto per assicurarsi la fuga. Riguardo al nome, il Castellazzo viene chiamato in questo modo solo a partire dal documento del 1141: prima è sempre stato definito castellum o castrum.
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