"L’armonia viene da quello che sai, è un’affermazione di quello che già sai (…) Quindi la disarmonia è molto più interessante, è un’affermazione di vita molto più dell’armonia, perché alla fine, nel corso della storia, trasformiamo sempre la disarmonia in armonia ". Sean Scully (1996)
L’idea e le ragioni della mostra Long Light, dedicata a Sean Scully, prendono corpo dall’identità e dai caratteri di Villa e Collezione Panza.
Scully non è un artista appartenente alla collezione storica di Giuseppe Panza di Biumo, eppure molti temi della sua poetica sono in sintonia con lo spirito che ha animato l’evoluzione della sua ricerca. La centralità della luce e del colore, il pathos tipicamente europeo e l’assertività americana, la predilezione dell’uso del dispositivo della finestra come metafora della relazione, sintetizzano questo comune sentire. Rispetto al linguaggio di matrice minimalista, invece, si evidenzia una netta cesura con Panza di Biumo in quanto l’artista americano, tra il 1980 e il 1985, ne prende le distanze, muovendosi preferibilmente su superfici pittoriche con una qualità cromatica più materica e una gestualità che si avvicina a quella dell’Espressionismo astratto.
Gli spazi della dimora varesina ospitano per questa occasione un importante nucleo di lavori realizzati da Scully tra il 1970 e il 2019, allestiti seguendo un percorso cronologico-tematico che focalizza alcuni momenti fondamentali della sua ricerca. Oltre settanta opere, allestite tra le sale al primo piano della villa fino alla Scuderia Grande del piano terra e al Salone Impero, ripercorrono circolarmente i momenti chiave della produzione dell’artista. Dipinti, carte, fotografie, sculture, installazioni e video: dai primi acrilici degli anni Settanta, in cui intricate trame di linee creano illusioni spaziali da capogiro, ai neri monocromi dei Black Paintings e alla serie Doric, composizioni architettoniche distribuite per piani verticali e orizzontali, rese evanescenti da un forte tonalismo. Passando ancora per i Wall of Light, in cui le abbondanti campiture di coppie di colore, accostate in un dialogo serrato, trascrivono il ricordo della luce del Messico, si giunge all’inedita serie Madonna, dove le linee della serpentina e del cerchio riaffiorano sul supporto in alluminio, per arrivare all’imponente serie Landline, che racconta paesaggi con espressive partiture di colori in linee orizzontali dove i contorni si distendono e sfumano. La visita si conclude con Looking Outward, un lavoro site-specific, pensato da Scully per la serra nel parco della villa. Giocando con preziosissime landline di vetro, Scully trasforma la serra in un raffinato caleidoscopio di luci e cromie, confermando la sua spiccata sensibilità luministica.
I lavori convocati in mostra sono stati individuati per raccontare gli aspetti, meditativo ed emozionale, figurativo-astratto e geometrico-figurativo, che convivono da sempre nella poetica dell’artista e che egli ridisegna e riafferma con ogni sua opera. La sua poetica, espressiva e minimalista allo stesso tempo, e la sua ricerca sul colore, il gesto, gli equilibri, le geometrie e la luce dialogano con le opere della collezione permanente, con l’architettura del museo, i suoi spazi interni e l’ambiente esterno, ribadendo ancora una volta la volontà della Fondazione di proporre mostre legate al luogo che le ospita.
La mostra di Sean Scully, a differenza di tutte quelle organizzate da quando Villa Panza fu donata al FAI, non avrà il giudizio attento e ragionato di Alessandro Panza di Biumo, il maggiore dei cinque figli di Giuseppe e Giovanna che, con i suoi fratelli, condivise e appoggiò l’importante decisione dei genitori di donare villa e collezione.
Alessandro era un uomo profondo e pacato che la vita costrinse ad applicarsi a conti e contratti ma la cui indole avrebbe naturalmente – e con successo – portato a studi culturali, filosofici o religiosi; era uomo più di pensiero che di azione, acuto e molto riflessivo, non di rado gaio soprattutto in gioventù. Il suo senso del dovere, non scevro da connotazioni calviniste, veniva prima di ogni altra cosa e la sua vita ne fu fortemente condizionata.
Giovane adulto seguì l’evolversi della collezione di famiglia con una partecipazione convinta e mai superficiale, guadagnandosi la simpatia e spesso l’amicizia degli artisti che frequentavano la villa di Biumo.
Se ne è andato in silenzio come viveva; la sua presenza discreta ma eloquente è un ricordo che chi lo conobbe serberà con commozione e gratitudine nel proprio cuore.
Marco Magnifico
(Vicepresidente Esecutivo FAI - Fondo Ambiente Italiano)