Villa dei Vescovi, un simbolo fra le ville venete

Villa dei Vescovi, un simbolo fra le ville venete

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Villa dei Vescovi, un simbolo fra le ville venete
Villa dei Vescovi

17 maggio 2011

Nel ricchissimo panorama delle ville venete, Villa dei Vescovi assume un ruolo decisamente significativo, non solo come momento chiave della storia dell'architettura regionale, ma anche per la fedeltà con cui l'edificio ripropone, a distanza di cinque secoli dalla sua costruzione, il proprio ideale di vita originario. I modelli a cui si sono ispirati i creatori della dimora infatti si rifanno da una parte a un umanesimo vivace e illuminato e dall'altra si legano intrinsecamente al contesto naturale del luogo e all'armonia della natura. Eretta tra il 1535 e il 1542 come sede di villeggiatura per il vescovo di Padova, la casa è felicemente collocata su un terrapieno dei Colli Euganei, da dove ancora oggi spicca sul paesaggio, mantenendo miracolosamente intatto l'antico rapporto di dialogo e serena convivenza con l'ambiente che la circonda.

Tanta grazia e armonia molto devono all'opera di Alvise Cornaro, l'amministratore della curia di Padova che coordinò i primi lavori e che incaricò il pittore-architetto Giovanni Maria Falconetto del progetto originario. Attivo sostenitore della campagna di bonifica dell'entroterra veneto, convinto com'era dei benefici della “santa agricoltura”, il Cornaro era altresì uomo di lettere, appassionato di archeologia e antichità classiche, al punto che, a corredo della propria abitazione padovana, fece erigere dall'amico Falconetto una loggia classica e un Odeon.

In quest'ottica di ritorno alla romanità rientra anche Villa dei Vescovi che, nella versione originale, era costituita da un massiccio parallelepipedo a base quadrata, alleggerito su due lati del primo piano da due aeree logge. All'interno, la pianta prevedeva un ambiente centrale al piano terra, sovrastato da un cortile pensile in corrispondenza del piano nobile. Monumentalità, centralità della pianta, cortile aperto interno davano il polso della portata innovativa della costruzione che, superando con grande ampiezza di vedute i tradizionali confini regionali, importava nel Veneto tanto il linguaggio architettonico dei contemporanei toscani quanto gli esempi del classicismo romano, fornendo così una personale, ineguagliata anticipazione della successiva opera palladiana.

Raramente però gli architetti possono vantare fabbriche perenni, e come spesso succede nel corso di un cantiere, anche a Luvigliano diversi avvenimenti sconvolsero il progetto iniziale: il Cornaro venne licenziato, il Falconetto passò a miglior vita, il suo più celebre collega, Giulio Romano, pochi anni dopo intervenne sul bugnato esterno e modificò la pianta del piano terra. Altri ritocchi seguirono nei decenni successivi: l'inserimento di due monumentali scalinate a collegamento del piano nobile con l'esterno, parziale opera del vicentino Vincenzo Scamozzi insieme a una grotta con fontana e statua di Nettuno e ancora, la realizzazione di una corte quadrata esterna e del muro di cinta corredato da tre imponenti portali, su disegno dell'istriano Andrea da Valle. Infine, negli ultimi anni del XVIII secolo, venne chiuso il cortile pensile centrale per edificare al suo posto un ampio salone, a raccordo delle due facciate e dei rispettivi loggiati.

Ma nonostante le modifiche, Villa dei Vescovi conserva tuttora gran parte dell'ideale architettonico dei suoi creatori, così come restituisce pienamente la propria originaria funzione di luogo di svago intellettuale. Sin dall'inizio, infatti, essa fu concepita come palazzo di città e nel tempo fu oggetto di una crescente separazione dalle vicine pertinenze agricole, secondo un principio che tendeva a sottolinearne sempre più le doti di piacevole abitabilità e naturale vocazione a sito gradevole e di ritrovo per studiosi e circoli umanistici.Luogo delitiosissimo (…) superbo palagio con vaghissimi giardini”, secondo la secentesca descrizione del padovano Portenari. Qui infatti si ritrovano alcuni dei dotti amici del Cornaro, animatore a suo tempo di un raffinato cenacolo culturale che vede riuniti, tra gli altri, il letterato Pietro Bembo, lo storico dell'architettura Sebastiano Serlio, gli scultori Tiziano Minio e Francesco Segala, i pittori Domenico Campagnola e Giovanni da Udine e l'editore forlivese Francesco Marcolini. Qui, d'altronde, tra la quiete dei colli verdeggianti, si rappresentano anche le spregiudicate commedie del Ruzante.

Tale idilliaca comunione tra natura e opera intellettuale e materiale dell'uomo si ritrova anche negli interni della casa, grazie all'apporto del fiammingo Lambert Sustris, che tra il 1542 e il 1548 eseguì il ciclo di affreschi del piano nobile. Il pittore, che aveva lasciato il paese natio per l'Italia, era approdato a Venezia per lavorare a fianco di Tiziano ed ebbe modo in seguito di assorbire sia la cultura classicistica di Raffaello in terra romana sia gli sviluppi manieristi introdotti nel Veneto da Francesco Salviati e Giuseppe Porta.

Alla luce di questa matrice raffaellesca va quindi vista gran parte della decorazione parietale del Salone principale, il cui repertorio di silhouettes in grisaille entro nicchie, alternate a figure a grandezza naturale tra larghi pilastri, a ricordo dell'opera di Giulio Romano a Mantova, viene qui aggiornato grazie all'inserimento del fregio superiore con bellissimi paesaggi. E ancora ampi paesaggi ornano le pareti delle logge, dando così vita a un vivace, riuscitissimo rapporto con l'ambiente esterno, che annulla nel contempo il filtro del supporto architettonico per fondersi senza altre mediazioni con i colori e la morfologia della campagna circostante, meravigliosamente preservata nei secoli.

Proprio questo intimo intreccio di architettura, pittura e natura, fa della Villa di Luvigliano un documento di valore straordinario, una rara testimonianza di quell'entusiastica esplosione di cultura e classicismo che s'inserì con forza in una terra veneta ancora poco avvezza al linguaggio della romanità.

E se l'intento del FAI è quello di dare vita a una storia dell'arte italiana proteggendo e valorizzando quei beni che hanno partecipato al millenario sviluppo artistico del nostro Paese, allora Villa dei Vescovi è certamente una delle gemme più ricche e preziose che ornano questa splendida catena di monumenti.

» Visita il sito dedicato a Villa dei Vescovi a Luvigliano (PD)

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