Villa Caviciana: una storia d’amore per il paesaggio

Villa Caviciana: una storia d’amore per il paesaggio

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Villa Caviciana: una storia d’amore per il paesaggio
paesaggio

17 febbraio 2023

Affacciata sul lago di Bolsena, Villa Caviciana è la prima tenuta agricola del FAI: impariamo a curare il paesaggio, coltivandolo.
«Quando abbiamo visto per la prima volta il lago di Bolsena provenendo da Orvieto, abbiamo sentito l'irresistibile attrazione di questo magnifico paesaggio. L'amore a prima vista si è trasformato in una maestosa tenuta con vigneti».

Con queste parole Friedrich Wilhelm e Monika Metzeler, raccontavano di un incontro che avrebbe lasciato il segno, nella loro vita e nel paesaggio. Lui, un avvocato di Düsseldorf, lei una collezionista d’arte. Erano partiti per una vacanza, ma tornarono in Germania, dopo quel primo viaggio, non solo innamorati dell’Italia come tanti stranieri (a partire da Goethe…), ma con un sogno: costruire un’azienda agricola di prodotti biologici di alta qualità. E così dal 1989, a poco a poco acquisirono 144 ettari di colline, campi e boschi, nella provincia di Viterbo, tra i comuni di Grotte di Castro e Gradoli, sulla sponda settentrionale del Lago di Bolsena, davanti all’Isola Bisentina. Tutt’altro che una villeggiatura, realizzare il loro sogno è stato un’impresa.

Una tenuta moderna, efficiente e biologica

Il luogo era ideale, con dolci declivi, terreno fertile di origine vulcanica e il clima mite del lago, ma i terreni erano una macchia informe di vegetazione spontanea, abbandonati e incolti. Piantarono 7.000 ulivi, 35 ettari di oliveto verde argenteo, cui se ne aggiunsero 20 di vigneto verde intenso, e tutte le sfumature dei boschi - pini, castagni, noccioli, querce e corbezzoli -, e di campi, pascoli e prati.

Realizzarono una tenuta moderna ed efficiente, precocemente biologica, con un frantoio e una cantina propri, costruiti dalle fondamenta, e dotata dei migliori macchinari e di personale e spazi per la produzione di olio e vino, ma anche di miele, formaggi e carni, dall’allevamento, in origine, di pecore e maiali. All’efficienza teutonica di Friedrich, Monika aggiunse lo stile: chiamò due grandi architetti tedeschi, Bernard Korte e Wolfgang Döring, a disegnare rispettivamente il verde e gli edifici. La cantina ha un’architettura minimalista, linee pulite e rigorose, ma con felici guizzi, come la lunghissima scala che sale dal seminterrato, e un sofisticato recupero delle materie locali, come il tufo morbido e poroso che scalda di giallo senape le geometriche facciate. Nelle forme si legge la ricerca di funzionalità, ma anche il desiderio di inserirsi discretamente nel paesaggio, che è il protagonista assoluto di questa storia: il panorama sul lago che si gode dalla cantina, incorniciato dal vigneto e da un prato ordinato, punteggiato di opere d’arte, che sfuma nell’oliveto, è un atto d’amore per il paesaggio.

Si vede che è un luogo felice, pensato e amato, e ragione e sentimenti hanno guidato la Fondazione Fritz e Mocca Metzeler a donare Villa Caviciana al FAI, perché l’impresa di questa coppia tedesca prosegua oltre loro. Anche per il FAI, infatti, sarà un’impresa.

Una nuova sfida per il FAI

In diversi Beni ci occupiamo già di oliveti e vigneti, ma come parte di paesaggi storici, se non talvolta di giardini storici, di cui preservare più l’aspetto originale che la vocazione produttiva. Questa, invece, è e sarà una vera e propria tenuta agricola produttiva: un modello in cui attuare, e da cui promuovere, principi e pratiche di coltivazione tradizionali ma anche innovative, che siano sostenibili dal punto di vista ecologico, e anche economico.

Sarà affidata alla gestione di professionisti, affiancati da un comitato di garanti scelti dal FAI tra i più esperti di agronomia, agroecologia, tecniche di coltivazione e di produzione biologica, da cui avremo tutto da imparare.

La missione del FAI per la cura del paesaggio italiano si apre, infatti, a un campo nuovo, ma decisivo, perché il paesaggio in Italia è storicamente, e ancora sostanzialmente rurale, e l’attività umana che da sempre lo ha formato, modellato e manutenuto, ovvero curato, è l’agricoltura. Villa Caviciana è l’occasione di mostrare, a partire dalla concreta esperienza (come sempre fa il FAI), il ruolo cruciale della civiltà rurale nella tutela e nella valorizzazione del paesaggio, recuperando ed esaltando saperi antichi e tradizioni locali, che oggi si confrontano con uno scenario profondamente cambiato: dalla crisi climatica alla transizione ecologica, dall’abbandono delle aree rurali del Paese alle politiche di sostegno agli agricoltori, da riconoscere oggi, anche economicamente, non più solo come produttori, ma anche come custodi del paesaggio.

Villa Caviciana sarà per il FAI lo strumento di una nuova comunicazione culturale, perché l’agricoltura è cultura, e promuovere una buona agricoltura equivale a promuovere la cura del paesaggio, la tutela dell’ambiente e la nostra salute, che sono patrimonio di tutti.

Daniela Bruno, Vice Direttrice Generale FAI per gli affari culturali

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