28 settembre 2020
L’articolo 55 bis, inserito come emendamento nel cosiddetto Decreto Semplificazioni appena varato dal Parlamento, in nome di una virtuosa attenzione al consumo di nuovo suolo si propone, invece di favorire la costruzione di nuovi stadi, di recuperare a moderna funzionalità gli impianti sportivi storici, perché siano anche economicamente sostenibili. Si apre così una indispensabile negoziazione tra i vincoli di tutela monumentale di un edificio storico e gli interventi di adeguamento, necessari e indifferibili, da apportare allo stesso impianto perché sia funzionale e sostenibile.
Stridono alle orecchie e al cuore, però, alcune interviste di questi giorni che ipotizzano, anzi auspicano, la demolizione dell’impianto che, si dice, comunque “non è il Ponte Vecchio”. Come se la tutela della storia, dell’architettura e dell’arte italiana dovessero limitarsi alle opere create solo fino a un certo periodo.
Dispiace anche leggere che, stando a un recente sondaggio tra i lettori de «La Nazione» di Firenze, ben il 67% sarebbe favorevole all’abbattimento. Questo stride con l’esperienza del FAI della primavera 2019 quando, in occasione delle Giornate FAI, ben 2.000 persone in una sola domenica accorsero a visitare lo Stadio aperto al pubblico. Settanta ragazzi fiorentini ne raccontarono lo straordinario valore architettonico e culturale. Come potremmo spiegare a questi giovani che con entusiasmo illustrarono al pubblico il monumento, che l’oggetto del loro studio, dopo solo un anno, è stato ritenuto degno di essere abbattuto?
Lo Stadio Franchi non è solo un caposaldo dell’architettura razionalista italiana ma fa parte dello straordinario complesso urbanistico della Città dello Sport fiorentina: un insieme omogeneo di impianti sportivi inseriti in un immenso spazio perfettamente regolare e caratterizzato da un mirabile intreccio di verde e di costruito, che l’abbattimento del Franchi distruggerebbe per sempre.
La difficile sfida dell’adeguamento del Franchi alle esigenze di oggi è una prova assai ardua ma straordinariamente stimolante che attende il Comune di Firenze, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Società Fiorentina Calcio. Così com’è, lo stadio non è al passo coi tempi, ma non lo si può distruggere, perché è un caposaldo dell’identità italiana del Novecento (le sue tribune figurano accanto al pavimento di Piazza del Campidoglio disegnato da Michelangelo nella filigrana dei nostri passaporti! Più di così…). Anche il Teatro alla Scala era inadeguato: Mario Botta lo ha aggiornato; ma nessuno mai pensò di abbatterlo; anche la Morgan Library di New York era inadeguata: Renzo Piano l’ha aggiornata; anche lo storico stadio di Anfield Road a Liverpool era inadeguato e doveva essere abbattuto; in quel caso però il club si oppose perché il legame tra la squadra e quello stadio fu ritenuto imprescindibile.
Il vero tema è che, forse, nessuno ha mai raccontato ai tifosi della Fiorentina che il loro stadio è anche un capolavoro dell’architettura italiana del Novecento e che deve essere considerato, esattamente al pari del Ponte Vecchio, un elemento fondamentale dell’orgoglio cittadino. E, aggiungiamo noi, nazionale.
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