22 ottobre 2015
Giovedì 22 ottobre, ore 12.15, nello storico Caffè Florian di Piazza San Marco, si è tenuta la conferenza stampa per la presentazione della mostra “Gianni Berengo Gardin. Venezia e le Grandi Navi” organizzata dal FAI in collaborazione con Fondazione Forma per la Fotografia e Contrasto, in corso al Negozio Olivetti fino al 10 gennaio 2016.
Ne hanno parlato, ispirandosi alle ventisette fotografie di Berengo Gardin campite sui muri del negozio realizzato da Carlo Scarpa, un capolavoro del moderno design, Giulia Maria Crespi, presidente onorario FAI, Andrea Carandini, presidente FAI, Roberto Koch, presidente Fondazione Forma, Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario ai Beni e alle attività culturali , Alessandra Mauro, curatrice della mostra e lo stesso Gianni Berengo Gardin, presente non solo quale fotografo, ma come veneziano innamorato della sua città. Qui di seguito pubblichiamo l'intervento di Andrea Carandini.
"Non poteva mancare a Venezia la mostra di un maestro della fotografia sulle immense navi che violano laguna e città, già aperta a Milano dal FAI a Villa Necchi Campiglio, insieme a Fondazione Forma. Era preferibile una sede istituzionale, che però è stata negata. Ma come negare l'evidenza di eccessi, chiari a tutti, che rovinano il rursus leo rugit, ridotto dall'alto dei bastimenti a misero gattino. Di qui questa seconda mostra FAI nel Negozio Olivetti in Piazza San Marco.
Scopo di questa mostra non è alimentare improvvisazioni e polemiche, ma aprire una fase nuova per Venezia, basata finalmente non su chiacchiere, pensieri fissi e studi parziali ma su una ricerca il più possibile condivisa riguardante il miracoloso, complicato e fragile sistema naturale, sociale e culturale della città lagunare considerata finalmente nel suo insieme. Questa ricerca deve servire per delineare una visione poi da tradurre in piano strategico decennale e in successivi piani operativi. La carenza di dati certi e imparziali favorisce gli scontri e blocca il fare.
Al culmine di questa crisi, le istituzioni devono cooperare fra loro, a partire da uno Stato che deve riprendersi il governo del turismo di massa, fino agli Enti Locali, alle autonome associazioni miranti all'interesse generale e ai singoli cittadini, compresi gli specialisti nelle diverse discipline.
Credo si debba partire da quattro constatazioni: 1) la città, prima che dalle pietre, è fatta dai cittadini; 2) i cittadini a Venezia sono ridotti a un terzo di quel che erano negli anni Sessanta del ‘900 e 30 milioni di turisti l'anno sono valanga che la città non può sostenere, senza lentamente morire; 3) il turismo è un bene se non è barbarica invasione ma flusso umano globale governato nella quantità e nella qualità; 4) la città è fatta di attività varie e proporzionate tra loro e non da una singola attività esasperata oltre ogni regola.
Ricordando, proprio da questo straordinario negozio, i profondi studi e le azioni meritorie intrapresi da Adriano Olivetti per far risorgere il Canavese e Matera, il FAI si rivolge oggi, con estremo, vigore al ministro Dario Franceschini - vista la capacità che fino a ora ha dimostrato e che ora deve estendersi al turismo - e si rivolge al sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni, che più volte si è spesa per la tutela di Venezia, perché si facciano portatori di questa nostra richiesta al Governo. È necessario infatti che la Repubblica vari il processo conoscitivo per delineare le linee guida di un turismo finalmente consapevole: soprattutto a Venezia, ma anche a Firenze e a Roma, colpite dalla stessa minacciosa monocultura.
Come limitare, diversificare e migliorare la qualità culturale del turismo? Quali le attività produttive compensative, quali servizi e quali studi universitari sviluppare a compenso? Utile è partire da un caso virtuoso: Bologna, città grande e bellissima, vivacissima nel suo civismo, piena di giovani studenti che la rinnovano e la rallegrano, visitata ma non oberata dal turismo.
Se non si sceglierà la strada qui richiesta, Venezia e la sua laguna somiglieranno sempre più a una passiva palude, frastornata da mille voci e interessi troppo unilaterali e particolari a cui va messo fine".
Andrea Carandini