02 dicembre 2011
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Tivoli, definita da Virgilio “Tibur Superbum”, sorge sulle pendici dei Monti Tiburtini, a est di Roma, su un colle che s'inclina in dolce declivio tanto da meritarsi l'appellativo di Orazio di "Tibur supinum". Balcone sulla campagna romana, Tivoli si sviluppò sulla sponda sinistra del fiume Aniene e fu sempre zona di passaggio e di transito verso l'Appennino abruzzese e il mare Adriatico, ma anche punto cruciale per le vie della transumanza coerentemente con la tradizione che narra che la città fosse sotto tutela di Ercole vincitore, divinità protettrice delle greggi e degli armenti. Ancora oggi è tappa imprescindibile per un turista attento alla storia e alla ricchezza che Tivoli può offrire con le sue ville: Parco Villa Gregoriana, Villa Adriana, Villa d'Este.
Come mai vennero costruite così tante splendide ville nello stesso luogo? Non si tratta solo di volontà di emulazione: il motivo va trovato, anche e soprattutto, nell'aria salubre e nel clima mite, decantato da tanti poeti nel corso dei secoli. Dalla tarda età repubblicana (fine II – I secolo a.C.), infatti, Tivoli divenne una delle zone preferite dall'aristocrazia romana per godere dell'otium e del riposo offerti dalla campagna tiburtina. Lo stesso Orazio dichiarò in merito all''affollamento' di Tivoli che “sul suolo tiburtino ormai non resta più terreno da arare”. Così sorse Villa Adriana, residenza imperiale del II secolo d.C., successivamente Villa d'Este, palazzo rinascimentale, e molti secoli più tardi Parco Villa Gregoriana, che prese il nome da Papa Gregorio XVI.
Non solo le numerose ville giustificano una visita a Tivoli, ma anche la ricchezza culturale, storica e mitologica che caratterizzano l'antica Tibur sin dalle origini. La leggenda narra che la città di Tivoli ebbe origine da una colonia greca guidata da Catillo di Arcadia, figlio di Anfiarao, uno dei Sette condottieri che mosse contro Tebe, fuggito dalla Grecia e approdato in Italia. Qui i tre figli di Catillo avrebbero scacciato i Siculi, ai tempi abitanti l'altopiano dell'Aniene, e avrebbero chiamato la città restaurata Tibur, dal nome del più grande dei tre fratelli (nell'Eneide Virgilio esalta le gesta di Tiburtus, Coras e Catillus nella guerra contro Enea). Nella successione dei secoli i latini, per significare lo stato in luogo, usarono la parola Tiburi e a poco a poco la denominazione si trasformò in Tibori, Tiboli e, infine, Tivoli: ecco perché i suoi abitanti vengono chiamati tiburtini e non tivolesi.
Un'altra teoria, meno avvalorata, fa risalire Tivoli / Tibur alla parola sabina Teba o Teiba (da cui Teibur e successivamente Tibur) che, secondo Varrone, indicherebbe ‘collina'. Il nome deriverebbe dunque dalla posizione in cui si trovava la città sin dalla sua origine. Altri ancora sostengono che la ragione del nome sia da individuare nella cascata, sottolineando il legame con Tiberis, corso d'acqua: città dunque non sul colle ma vicino al salto dell'acqua. Rispetto al nome del fiume Aniene, invece, secondo una leggenda, fu Anio, il re degli Etruschi, che diede il nome al fiume in cui morì annegato in seguito all'inseguimento della figlia, fuggitiva per amore.
A oggi la tesi più accreditata dagli studiosi si basa sulla convinzione che sicuramente Tivoli fu un'antica colonia sicula che si sviluppò poi come agglomerato urbano con le popolazioni latine e sabine provenienti dagli Appennini (si fa risalire l'anno di fondazione della città al 1215 a.C.).
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