08 marzo 2007
Le evoluzioni, specie all'interno di movimenti compatti e storici come quello dei graffiti, non sono mai semplici da digerire. Il pericolo di voltafaccia alla tradizione, distorsione degli obiettivi originali, tradimento delle leggi non scritte è sempre dietro l'angolo. Ma, soprattutto quando il movimento è solido e ricco di valore, le evoluzioni diventano dei passaggi naturali, quasi obbligati, tappe fondamentali per crescere, per raggiungere nuovi orizzonti espressivi, per uscire dal “ghetto” ed essere riconosciuti come vere e proprie espressioni artistiche dal grande pubblico.
Dai treni a Internet
Attorno a questo concetto, i writer protagonisti di “Dal muro alla tela” fanno fronte comune e, pur nel rispetto delle singole individualità, si mostrano concordi nel ritenere la tela un approdo stimolante, utile, ineluttabile. “Si tratta di un passaggio naturale – conferma Rendo - Già negli anni '80 molti writer di New York andavano nelle più importanti gallerie a esporre i quadri. Secondo alcuni è un tradire l'originalità del graffito, che nasce come elemento di protesta e come tentativo di affermare sé stessi. In realtà a mio avviso è un passaggio auspicabile, anche perché può influenzare positivamente tutta la nuova generazione di writer, aiutandoli a capire che è possibile evolvere la propria arte. Il mio obiettivo principale è infatti evolvere continuamente il mio ‘lettering', e un pezzo non deve mai essere uguale all'altro. Per me, questo è l'unico modo di dipingere. Non dimentichiamoci poi che molti writer sono diventati Web designer, grafici, product designer: anche questo è un passaggio molto interessante, perché ha permesso a molti di fare della propria passione un lavoro. Non mi stupisco quindi che i Graffiti siano passati dai treni ai muri, dai muri alla tela e dalla tela a Internet”.
L'arte in superficie
Sulla stessa linea d'onda di Rendo è anche Skah, secondo il quale il passaggio dal muro alla tela è inevitabile, e offre la possibilità agli artisti di cimentarsi su nuove superfici diverse dai muri. “Il writing nasce nei treni – spiega Skah – e poi si sposta sui muri, ma esistono moltissimi altri tipi di superfici adatte a questa arte. Anzi, ci sono delle opere che addirittura stanno meglio sulla tela che non sui muri. Eventi come quello organizzato dal FAI sono molto interessanti soprattutto considerandoli dal punto di vista del mecenatismo. E' bello quando le istituzioni si interessano di altre forme di arte che non siano propriamente ‘ufficiali', permettendo così agli esponenti di questa cultura artistica di arrivare a presentare il proprio lavoro a un pubblico di non addetti ai lavori”.
D'accordo con lui è Pho, che ha fatto della sperimentazione su materiali diversi un po' il tratto caratterizzante delle sue opere. “Il passaggio dal muro alla tela – conferma Pho - è interessantissimo perché quest'ultima permette all'artista di sviluppare, sia a livello tecnico sia a livello di forme, opere che il muro non consente di realizzare. Non è poi detto che chi è passato alla tela non torni a dipingere sul muro, arricchito dal bagaglio che ha acquisito. Dal mio punto di vista si tratta quindi di una vera e propria evoluzione. Non è un caso che nell'ultima fase dei miei lavori mi sia divertito a utilizzare altre tecniche e altri materiali. Per esempio, in questi ultimi due anni sto lavorando su manifesti cartacei che preparo in studio e poi applico in punti strategici della città, un lavoro che è una via di mezzo tra una pittura informale e una ricerca costante dell'evoluzione delle lettere”.
L'artista in mostra
Per Bros, la qualità più importante del writing è la sua sincerità: “i graffiti - spiega l'artista - sono delle vere e proprie vetrine, una testimonianza diretta delle capacità di un writer: se l'opera è venuta bene, la vetrina sarà positiva per l'artista, altrimenti sarà negativa. Finora il writing è stato relegato ad arte fine a sé stessa, a volte addirittura etichettata come ‘vandalismo'. Il passaggio su tela rappresenta una specie di consacrazione, un modo per uscire da questa ghettizzazione. Io stesso sono stato costretto a passare su tela per dimostrare di essere un artista. Iniziative come quella del FAI non possono quindi che portare giovamento alla nostra arte”.
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