San Fruttuoso: una storia di eroismo (da una chiglia arrugginita)

San Fruttuoso: una storia di eroismo (da una chiglia arrugginita)

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San Fruttuoso: una storia di eroismo (da una chiglia arrugginita)
Focus

10 gennaio 2023

L'Abbazia di San Fruttuoso a Camogli (GE) custodisce una storia di coraggio ed eroismo. Scopriamola a partire da un pezzo di ferro arrugginito conservato nel sepolcreto della famiglia Doria con il racconto di Daniela Bruno.

Questa è una storia di italico eroismo che ha per teatro la baia di San Fruttuoso a Camogli (GE). Per sfondo l’Abbazia di San Fruttuoso, Bene del FAI dal 1983 e per protagonisti gli abitanti del borgo di pescatori, in particolare una donna: Maria Avegno.

Tempo fa ho messo insieme i pezzi di questa storia a partire da un pezzo, appunto, di metallo arrugginito che si conserva nel sepolcreto della famiglia Doria nell’abbazia e che mi aveva decisamente incuriosito. Perché mai c’è un pezzo di metallo arrugginito tra le tombe dei nobili Doria? La storia si è rivelata decisamente appassionante.

Nel 1855 Camillo Benso Conte di Cavour e il Ministro dell’Interno Urbano Rattazzi, salutano dal molo del porto di Genova la partenza del Croesus, un piroscafo inglese diretto in Crimea nel Mar Nero per portare soccorso all’esercito alleato franco-inglese in guerra con la Russia. La nave imbarca 37 ufficiali del genio piemontese, 239 tra soldati, medici e infermieri, un ospedale da campo per 100 persone, medicinali, muli, cavalli, fieno, acquavite, razioni di viveri, munizioni ed esplosivi.

Soffia una brezza tesa di maestrale, il tempo è sereno, il Croesus supera tranquillo Punta Chiappa. Alle ore 11 fuoco a bordo! Nella stiva piena di 400 tonnellate di carbone scoppia un incendio. Il comandante inglese ordina di gettare a mare munizioni ed esplosivi. Il motore si spegne, si alzano le vele, il vento alimenta le fiamme. Tra i soldati piemontesi e sardi è il panico. Pochi sanno nuotare e nessuno capisce gli ordini impartiti in inglese dagli ufficiali.

Alle ore 12 il comandante decide di puntare verso la costa per arenare il Croesus e provare a salvare l’equipaggio e il carico.

Nella piccola baia di San Fruttuoso la popolazione del borgo vede la nave in fiamme avvicinarsi e si prepara a portare soccorso. Dalla spiaggia partono due gozzi: Giovanni Oneto su uno, sua moglie Maria Avegno e la sorella sull’altro. Le barche fanno avanti e indietro senza sosta e salvano decine di persone. In uno dei viaggi, assaltato da troppe mani di disperati, il gozzo delle sorelle Avegno viene ribaltato. Maria e Caterina sono sbalzate in mare e i naufraghi si aggrappano alle loro vesti. Caterina riesce a raggiungere la riva, ma Maria annega. Alle ore 15 giungono i soccorsi da Camogli, la nave viene evacuata, tutti i naufraghi sono accolti a riva e si contano i morti. Cinque corpi sulla spiaggia, altri venti saranno restituiti dal mare tra cui quello di Maria Avegno.

Le vittime del naufragio vengono sepolte alle spalle del borgo.

Una mareggiata spegne l’incendio a bordo solo quattro giorni dopo e spezza in due la nave che definitivamente affonda.

L’eroica morte di Maria Avegno merita straordinari riconoscimenti. I Principi Doria Paphili le condono l’onore della sepoltura in un sarcofago di marmo nel sepolcreto di famiglia accanto ai nobili antenati nella cappella accanto all’Abbazia di San Fruttuoso.

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Il Regno di Sardegna decreta per lei, prima donna italiana a riceverla, la medaglia d’oro all’onor civile e un vitalizio per i suoi quattro orfani. La regina Vittoria le conferisce addirittura la Victoria’s Cross, la più alta onorificenza militare britannica e il console Brown offre ai suoi figli denaro e l’accesso a un college inglese, che poi rifiuteranno.

Il suo nome figura nel libro d’oro della Cattedrale di Notre Dame a Parigi insieme a coloro che sono morti per salvare la vita del prossimo.

Il Comune, infine, appone sulla sua casa una targa a perenne memoria che oggi si legge nel borgo di San Fruttuoso.

Vent’anni dopo il naufragio i palombari cominciano a recuperare parti del relitto da cui emerge anche un sestante. Gran parte del ferro si recupera negli anni della guerra, ma la lunga chiglia giace a 10 metri di profondità fino al 1970. Da quella chiglia proviene questo frammento di metallo arrugginito. Un piccolo oggetto che racconta una grande storia, una vicenda di italico eroismo da conoscere, che fa bene al cuore e un capitolo inedito e appassionante della storia dell’Abbazia di San Fruttuoso.

Daniela Bruno, Vice Direttrice Generale FAI per gli Affari Culturali

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