26 settembre 2018
Una piccola soluzione è stata trovata una trentina d’anni fa nello stato americano del Maryland, e da allora si è espansa in molti paesi anglofoni. Sono i rain gardens (letteralmente, giardini della pioggia), le cui piante, dalle lunghe radici, assorbono l’acqua piovana e filtrano gli agenti inquinanti. Si creano riempiendo dei piccoli avvallamenti di terreno drenante e poi di specie vegetali adatte a raccogliere e rilasciare gradualmente l’acqua nel corso di uno o due giorni.
Non hanno bisogno di grandi spazi, bastano delle aiuole o addirittura i margini erbosi delle strade, ma i benefici per il suolo sono sorprendenti: assorbono molta più acqua di un prato “normale”, riducono della metà il flusso nelle reti fognarie, spesso insufficienti nell’incanalare i flussi idrici, non disperdono l’umidità, depurano le acque dai metalli pesanti, da fosforo e particolato. Inoltre non necessitano di cure troppo assidue e, tra gli altri vantaggi minori, ne spiccano alcuni particolarmente utili per l’ambiente: purificano l’aria, riducendo lo smog cittadino, abbassano le temperature elevate nei caldi mesi estivi, e i fiori del rain garden attirano gli insetti impollinatori come api e farfalle, senza però attrarre le zanzare che tanto infastidiscono l’uomo. Infine, oltre a contrastare la cementificazione, questi giardini abbelliscono aree urbane spesso trascurate e degradate.
La loro funzione ecologica e decorativa non è sfuggita ai migliori architetti del verde, al punto che i “giardini della pioggia” fanno ormai parte del paesaggio urbano di metropoli come Chicago, Seattle, Annapolis, Portland, Melbourne, Toronto e, in Europa, Londra e il suo Parco Olimpico. L’ideatore di quest’ultimo, l’architetto inglese Nigel Dunnett, si sta distinguendo come il più eminente creatore di rain gardens; il maggiore ricercatore invece è il professore statunitense di architettura del paesaggio Allen P. Davis, che da vent’anni studia i “giardini della pioggia” con i suoi collaboratori dell’Università del Maryland, utilizzando come campione un’aiuola nel campus dell’università vicino al fiume Anacostia, ed è in base alle sue scoperte che la coltivazione di questi giardini si è intensificata, dopo i pionieri Larry Coffman e Dick Brincker. Uno dei rain gardens più importanti degli Stati Uniti è il SEA (Street Edge Alternatives) Street di Seattle, un’intera strada riqualificata in modo curvilineo e con più di 100 piante e 1000 arbusti. In numerose università americane si coltiva e studia questo tipo di giardino, per poi incoraggiarne la diffusione privata dell’intero Stato.
A New York dieci anni fa sono stati inseriti nel piano regolatore della città e in Italia, Milano, così spesso vittima di inondazioni in seguito a nubifragi, ha recentemente avviato un progetto di impianto di una vasta superficie di tali giardini lungo la linea della nuova metropolitana.
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