16 febbraio 2015
Con un intervento sul Corriere, il Presidente FAI Andrea Carandini affronta la discussione sul destino del Quirinale, sollevata da Gian Antonio Stella sulla prima pagina di mercoledì 11 febbraio, con la proposta di fare un Museo del palazzo più alto della Repubblica. Scrive Carandini: « La Repubblica è l'ultimo atto di una commedia umana stupefacente, che esordisce nel IX secolo a.C. E' essenziale per la promozione e tutela dell'Italia disporre di una sintesi visiva della sua storia, dai popoli italici fino alla Costituzione. Grazie a indagini consentite da Giorgio Napolitano, ho riscontrato sotto al Quirinale tracce geomagnetiche del Tempio di Romolo-Quirino; poi, sopra, le opere dei papi e infine i re e i presidenti dell'Italia: quale concentrazione di simboli!»
L'idea di una «sintesi visiva» della storia nazionale era nata proprio sul Corriere come ricorda Carandini: «Perfetta la messa a punto, l'altro ieri, di Stella sul museo al Quirinale, che ha ripreso una proposta di chi scrive e di Galli della Loggia, resa concreta da Rutelli. L'Italia - già meta dell'Occidente - è diventata oramai desiderio globale di civiltà che della nostra ignorano tutto, salvo la fama. Inoltre molti Italiani vivono staccati dalla loro identità plurima per il “presentismo” che impera e molti stranieri che lavorano nel Paese hanno il passato altrove».
Questa volta Carandini trova un nuovo e cruciale alleato: «Nel discorso alla Camera il Presidente Mattarella ha nominato finalmente i musei. Si può pertanto in lui confidare perché le mille e centinaia di stanze della reggia - per non dire delle spaziose cantine, delle Scuderie e del Palazzo delle Esposizioni - possano accogliere - oltre la Presidenza della Repubblica - un Museo dell'Italia capace di raccontare quello che i normali musei d'arte non dicono: la varietà naturale (dai bianchi ghiacci alla lava nera), paesaggistica e monumentale dovuta all'ambiente e all'immane laboratorio umano tra campagne e città – molte di esse capitali - che per ottanta di generazioni ha fornito colture, costruzioni, meccanismi, istituzioni e idee ingegnosissime al mondo: una storia con i suoi fulcri lavorativi e spirituali, collettivi e personali, e i suoi contesti territoriali che hanno determinato sistemi di civiltà, una sull'altra, che vorremmo poter cogliere in una visita di qualche ora. L'importante è che vadano altrove i residui di precedenti corti repubblicane, riducendo gli uffici all'osso. Si tratta di una idea che ridarebbe la coscienza ai cittadini, rafforzerebbe la coesione di chi è giunto da fuori e rappresenterebbe la prima tappa del Global tour che si profila, al quale pare che siamo indifferenti.
Per Carandini anche il FAI potrebbe contribuire al progetto. Così infatti conclude: «D'altra parte la nostra storia è eccezionalmente variopinta, quindi complicatissima, ancor più di quella della Germania, che per prima ha voluto a Berlino un museo della propria storia: dai Romani alla caduta del muro, un modello eccellente da seguire. Solleverebbe i cuori una tale istituzione, capace di marcare la ripresa, non a pezzi e a bocconi, ma secondo una visione lungimirante e propositiva, che può essere fondata solamente su quella tradizione plurimillenaria che, dopo essere stata più volte rinnegata per ripartire da zero, ha bisogno di essere riconosciuta e riconquistata (come i Cinesi che riscoprono il diritto romano). Fra i tanti che potrebbero contribuire al progetto, è FAI: una non-profit che agisce concretamente per la natura e la cultura sposati insieme.»
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