«Proteggere l’anima dei luoghi di Milano e aprire un dibattito sulle chiese»

«Proteggere l’anima dei luoghi di Milano e aprire un dibattito sulle chiese»

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«Proteggere l’anima dei luoghi di Milano e aprire un dibattito sulle chiese»
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30 settembre 2024

«Bisogna conservare l’anima dei monumenti e dei luoghi, che non sono soltanto edifici. Se l’immagine identitaria complessiva di Milano è salva, alcune anime individuali sono a rischio», spiega Marco Magnifico, Presidente FAI, nell’intervista apparsa nell’edizione milanese del “Corriere della Sera” il 14 giugno 2024.

Questione di ottica e di principio. «Non bisogna avere una visione statica della città». Linea sottile. Tra sviluppare e conservare.

«La città è un organismo vivo, che deve evolvere. Se fosse rimasta statica, Milano non avrebbe gli edifici di Citylife, il Bosco verticale, le architetture del Portaluppi».

Dunque, Marco Magnifico, Presidente del Fondo per l’Ambiente Italiano, dove si traccia la linea?

«Nel rispetto del linguaggio, dell’attenzione alla specificità, nella sintonia con l’immagine generale. In una parola, nella qualità. Le inevitabili modifiche architettoniche, urbanistiche ed estetiche possono far paura soltanto se il mutamento si traduce in decadimento».

Se questa è la cornice, come si inquadra Milano?

«L’immagine identitaria generale della città è salva».

E nel dettaglio?

«Ci sono ferite, elementi di decadenza e trascuratezza che andrebbero sanati».

A cosa di riferisce?

«Ad esempio, il seminario arcivescovile di corso Venezia è diventato un albergo. Il primo piano del meraviglioso doppio loggiato è stato chiuso con delle vetrate. Quel cortile è una pietra identitaria per Milano e avrebbe meritato più attenzione».

Quali sono i punti critici?

«Il primo sono le chiese. Penso a San Paolo Converso, in piazza Sant’Eufemia, chiusa da trent’anni. Ci sono meno fedeli e alcune chiese chiudono. Ma cosa ne facciamo, se non vengono più usate per il culto? Sono luoghi di eccezionale profondità storica e per Milano. Bisognerebbe aprire un dibattito sul futuro di questi luoghi».

Forse tutto si concentra sul Duomo?

«Ma anche sul Duomo vedo un problema. D’accordo, i turisti contribuiscono a mantenere la costosissima Fabbrica. Ma è un’architettura gotica che dovrebbe essere illuminata poco, attraverso le splendide vetrate, non con fari da campo da tennis. E lo stesso vale per tutte le transenne dentro e fuori. Così lo splendido duomo perde identità».

Torniamo a quella linea sottile.

«Il tema non è abbattere o no, ma conservare l’anima dei monumenti e dei luoghi, che non sono soltanto edifici, non sono soltanto pietre. Se l’anima complessiva di Milano è conservata, alcune anime individuali sono a rischio: come il diurno Venezia, recuperato dal FAI dieci anni fa e adesso chiuso di nuovo, dal 2018».

Voi cosa state «salvando»?

«Abbiamo da poco avuto in eredità Casa Crespi in via Verga e Casa Grandi in via Olivetani. Non sono ancora vincolate, non hanno 100 anni, e non sono neppure capolavori assoluti, ma raccontano una storia solo apparentemente secondaria, da conservare, analoga alla villetta liberty di Piazza Trento invece abbattuta qualche tempo fa. In generale, prima di intervenire si abbia coscienza, delle caratteristiche fondamentali che caratterizzano ogni città».

E sul giardino di via Venti Settembre?

«L’architettura non verrà toccata; l’auspicio è che ci saranno nuove piante per la bellezza del luogo».

Un progetto che sogna?

«Abbiamo appoggiato con forza il sindaco Sala sulla riapertura dei Navigli. E non perché sarebbero pittoreschi, ma perché incarnano l’anima profonda di una città che si è sviluppata grazie alle vie d’acqua, che ne sono un pezzo di anima».

Intervista di Gianni Santucci

Articolo apparso sul “Corriere della Sera – Ed. Milano” il 14 giugno 2024

Pubblicazione per gentile concessione del “Corriere della Sera”

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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