30 maggio 2025
Affacciato sul Mar Ligure e immerso nel Parco Nazionale delle Cinque Terre, Podere Lovara è un luogo unico, isolato, raggiungibile solo a piedi con un sentiero panoramico che collega Levanto a Monterosso. L’area di circa 45 ettari, parte del SIC n. 89 - Punta Mesco - IT 134421, attiguo all’Area Marina Protetta delle Cinque Terre, si sviluppa sul promontorio di Punta Mesco, in un contesto di eccezionale pregio ambientale e paesaggistico.
Dopo anni di abbandono, grazie all’intervento del FAI e al decisivo supporto della Fondazione Zegna, su questi terreni ora crescono di nuovo vigne, ulivi e alberi da frutto, e sono visitabili tre case rurali, attorniate dai tipici terrazzamenti in pietra a secco.
Il progetto è nato grazie alla collaborazione tra il FAI, le amministrazioni pubbliche e il Parco Nazionale delle Cinque Terre, con l’obiettivo di reagire all’abbandono del paesaggio rurale e di agire concretamente con il recupero delle colture agricole tradizionali di queste terre: il più efficace strumento per la cura del territorio, per la prevenzione dal dissesto idrogeologico e per incentivare il turismo sostenibile e consapevole.
Al momento della donazione da parte dell’Immobiliare Fiascherino nel 2009, l’area versava in uno stato di completo abbandono: l’edificio più antico, Casa Bianca, era ridotto allo stato di rudere, ed è poi collassato parzialmente dopo l’alluvione del 2011; le aree agricole erano ormai quasi del tutto scomparse, solo un piccolo orto e qualche filare di vite erano ancora coltivati mentre una quarantina di ulivi, probabilmente coltivati fino a qualche anno prima, erano invasi dalla vegetazione. Un’ampia distesa di rovi nascondeva però un prezioso tesoro: si potevano ancora intravedere gli antichi muri a secco, segno inequivocabile che quel luogo meraviglioso era originariamente coltivato.
Da qui è iniziata la grande sfida del FAI, restaurare un paesaggio rurale, nel tempo abbandonato e invaso dalla vegetazione infestante, recuperando i muri a secco e le colture tradizionali e restaurando i fabbricati per destinarli all’accoglienza dei visitatori.
Il progetto ha previsto la conservazione e il recupero dei caratteri tipologici e della consistenza materica dei tre fabbricati rurali: le due “Case Lovara” (Casa Bianca e Casa Rossa) e Casa Nuova. Il restauro di Casa Bianca – che oggi accoglie il nuovo video racconto immersivo Questo è un Parco dell’Uomo – ha visto la ricostruzione filologica di parti dell’edificio crollate e il miglioramento degli spazi di pertinenza. Grande attenzione è stata posta al restauro degli intonaci delle facciate, alla ricostruzione della copertura in ardesia in parte crollata, al recupero e riuso degli elementi lignei. Casa Rossa, l’edificio di maggiori dimensioni e di più recente formazione, è stato restaurato e recuperato come accoglienza per gli escursionisti. Un grande lavoro è stato svolto per conservare il più possibile gli intonaci ammalorati e ricostituire il colore originario, nonché per recuperare i serramenti e le pavimentazioni. Infine, Casa Nuova, lungo il sentiero, è stata recuperata come alloggio del personale.
Per far tornare a vivere concretamente questi luoghi e offrire la possibilità ai visitatori di sostare nel Podere, è stato fondamentale intervenire per garantire l’approvvigionamento energetico e idrico, con un sistema integrato di generazione ed efficientamento delle risorse. Ora il Podere, completamente isolato dalla rete elettrica e dall’acquedotto, sfrutta tutte le risorse naturali a sua disposizione: l’energia solare e l’acqua piovana raccolta dai tetti e dai rivi. L’energia elettrica è prodotta da 46 pannelli fotovoltaici, nascosti sulla copertura di Casa Rossa e su di una tradizionale tettoia in legno, ed è garantita anche in caso di maltempo grazie a 48 batterie di accumulo. L’acqua calda e il riscaldamento sono forniti da 4 pannelli solari termici.
Da causa di crolli e dissesti, l’acqua è tornata a essere un elemento fondamentale di crescita e sostegno.
Uno degli obiettivi dell’intervento del FAI al Podere Lovara è stato quello di controllare il corso dell’acqua e mitigare il rischio idrogeologico. Per questo è stato fondamentale il recupero di tutti i 2 chilometri di muretti a secco a sostegno dei tipici terrazzamenti, ricostruiti per difendere il suolo dall’erosione e ospitare nuovamente ulivi, vigne e orti, le coltivazioni tipiche di queste zone.
Un’efficiente sistema di raccolta e potabilizzazione delle acque consente il massimo risparmio idrico e il minore spreco possibile di questa preziosa risorsa. L’acqua deriva infatti da due fonti principali: il rio Gatta e l’acqua piovana proveniente dalle coperture. Meticolosi lavori di recupero dell’alveo del ruscello, con l’inserimento di apposite sponde e di un reticolo di tubazioni nascoste nei muri a secco, hanno permesso di captare e convogliare l’acqua per poi raccoglierla in dodici cisterne interrate con una capienza complessiva di 80.000 litri. L’acqua immagazzinata è utilizzata durante i periodi di maggiore siccità sia per irrigare i terreni, sia per gli usi quotidiani, dopo essere stata resa potabile.
Durante l’intervento di recupero dell’alveo del rio è stata posta particolare attenzione alla tutela delle specie anfibie protette e presenti all’interno del Parco, quali il tritone alpestre: l’altezza dei gradini delle briglie nei rii, la ruvidità delle pareti su cui crescono facilmente i muschi e la presenza di vasche di risalita sono infatti habitat adeguati, che consentono a questi piccoli animali di entrare e uscire agevolmente.
I cambiamenti climatici però non permettono un costante e sufficiente recupero di acqua durante l’anno, necessario al funzionamento dei servizi igienici delle case e fondamentale anche per l’irrigazione degli orti e delle culture nei periodi di siccità. Nel corso degli anni le precipitazioni nella provincia di La Spezia sono notevolmente diminuite: lo stoccaggio delle acque nelle cisterne funziona bene nei periodi invernali, quando si hanno alte precipitazioni e non è necessario l’utilizzo per uso irriguo; i periodi estivi invece sono caratterizzati da precipitazioni condensate in episodi intensi, durante i quali le cisterne si riempiono, seguiti da lunghi periodi di siccità in cui l’acqua stoccata viene parsimoniosamente gestita per l’uso irriguo. Per questo motivo è stato installato un bagno a secco esterno, nascosto tra gli ulivi e integrato nel contesto rurale, da far utilizzare ai visitatori solo nei periodi in cui lo stoccaggio di acqua non risulti sufficiente ad alimentare gli sciacquoni dei bagni presenti nelle case. La toilette a secco è composta da un dispositivo a "emissione zero", senza rifiuti inquinanti per dispersione nell'ambiente; non necessita di allacciamento a impianti di smaltimento reflui, né idrici o elettrici.
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