"Ogni Nascita è una Rinascita": gli auguri di Andrea Carandini

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"Ogni Nascita è una Rinascita": gli auguri di Andrea Carandini
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22 dicembre 2015

Buon Natale e Buone Feste, fino al Capodanno e poi alla Befana, cari amici del Fondo Italiano che cura l'ambiente naturale e quello culturale coniugati insieme. Ogni Nascita che annualmente si festeggia è una Rinascita, una festa che si celebra rinnovandosi, come se dovessimo liberarci ancora una volta della matrice originaria per avanzare liberamente verso il nostro futuro.

Per crescere nella pienezza umana, che sola può darci serenità di base e scintille di felicità – ogni unilateralità finisce per affiggerci, anche nel successo di denaro e potere –, per costruire noi stessi nei piani superiori, che trascendono l'animalità nella costruzione immateriale di noi stessi, bisogna che prevalga, tra i nostri vari e contrapposti io, un nocchiero, che sappia guidarci nelle bonacce e nelle tempestie della vita. Il nocchiero è l'io che si è nutrito di una terra, di un'aria, di un'acqua, di un cielo e di una storia divenuti fulcro di una identità che si vuole senz'altro aperta ma per nulla confusionaria.

Esistono persone che poco sanno, ad esempio, dell'Umbria e dell'Italia, ma che si nutrono di Shamanesimo, Buddismo, di Bramanesimo e Induismo e di molte altre angiolerie e diavolerie, tutte mescolate alla rinfusa tra loro, che non formano una interiorità plurale organizzata, che non raggiungono una profondità dell'essere nel divenire e che fanno di noi degli sbandati, nell'ansia di tutto cogliere, specialmente se esotico, dimenticando la radice della casa avita, in una protensione multiculturalistica affastellata.

D'altra parte non mancano coloro che vivono aggrappati al campanile, privi di curiosità per il diverso, tradizionalisti di una tradizione che conoscono solo superficialmente, tra tortellini in brodo e fiere paesane.

Un centro di gravità permanente

Nella riflessione che vi propongo, la rinascita annuale sta innanzi tutto nel disporre di un centro di gravità. Questo centro è la stella polare del nocchiero che è in noi, messo sovente in minoranza e relegato nel retroscena.

Il bravo nocchiero non si limita ad organizzare questo centro di gravità, ma si protende nel mondo, curioso di qualsiasi fioritura umana, anche se frammista a valori che non sono i suoi. Possiamo godere dell'Iliade anche se la morale di Achille non è più la nostra! Così i materiali culturali più lontani nel tempo – l'antichità romana, l'impero cinese - e nello spazio – verso il Giappone e Oltre nel Pacifico – entrano in relazione con il centro di gravità, il cui sistema così si espande e approfondisce, consentendoci di capire sempre meglio noi stessi, i nostri vicini e insieme uomini e donne anche molto lontane, da Agrippina la madre di Nerone, a Jiang Qing la moglie di Mao.

Il nocchiero naviga nel mare di Narciso, del paesino e del Paese, della federazione dei paesi a noi più vicini, e oltre verso l'Oriente come verso l'Occidente, fino alle stelle della cui cenere tutti siamo fatti. Ora sente la forza del centro di gravità, che regna simbolicamente nel focolare di casa, e ora se ne allontana, ma sempre con quell'ardore in mente, per conoscere le spiritualità crepitanti di uomini anche lontanissimi, per cui le pagode dialogano con i campanili, non però nella confusione di un rigattiere bensì nell'armonia possibile e nei conflitti inevitabili che segnano tutto ciò che produce il legno storto dell'umanità (Kant), che però, oltre alla diabolica contorsione, sprigiona un profumo che sa di angelica capacità di conoscere e di amare.

Possiamo amare l'avvento del bambino, nato a Betlemme o forse a Nazaret, sia che crediamo che egli sia il figlio di Dio, sia che crediamo che sia stato il Budda dell'amore fra individui, dopo il Budda Nepalese della comunità e del cosmo, sia che crediamo semplicemente che sia stato un bimbo specialissimo, per cui davanti alla culla del presepio possiamo commuoverci anche se atei, agnostici o fedeli di qualsivoglia religione, perché il bambinello simboleggia una fioritura umana incommensurabile rispetto alle altre e insieme una fiammella di ciò che nella maggior parte dei luoghi, nella maggior parte dei tempi e presso la maggior parte degli uomini viene considerato il comune terreno che unisce gli uomini, pur nella loro variegata diversità.

Lo spirito del FAI

Il FAI ci aiuta a ritrovare quanto abbiamo perduto della pienezza umana, ricollegandoci con la natura, il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione, ma ciò non in una prospettiva Nazionalistica, per cui oggi piangiamo i Budda e le immagini pagane delle più antiche civiltà appena distrutte, ricordando le nostre guerre di religione, le nostre guerre civili: Romolo e Remo, Caino e Abele e tutto il resto che ancora oggi di affligge. Terra, acqua, piante, animali e aria sono di tutti nel globo, e così anche le fioriture umane nel corso più recente degli ultimi millenni. La fratellanza. che dà il tono al rapporto tra libertà e uguaglianza, è la virtù che spicca nel sentire e nell'agire del FAI, amico tanto della natura comune che unisce gli uomini quanto della varietà dei costumi che li rende speciali.

Andrea Carandini

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