09 marzo 2007
Spesso la fortuna di un quadro dipende dalla firma posta sulla tela, un marchio quasi impacciato che il pittore imprime spinto dalla necessità di dare un'anima alla propria arte. Ma nel mondo multicolore dell'hip hop, le regole spesso si ritrovano invertite, e allora la tela si trasforma in un muro e la firma diventa il dipinto. Perché è proprio di questo che si parla quando si fa riferimento all'arte del “writing”: la firma con cui un artista definisce la sua vita, il suo modo di pensare, le sue idee, la sua identità attraverso la trasposizione del proprio nome filtrata dal talento.
L'arte del “writing”, da noi meglio conosciuta come l'arte dei “graffiti”, ovvero appunto le scritte affrescate sui muri cittadini, ha una storia importante che affonda le radici negli anni '40 e parla la lingua multietnica delle gang americane della east e della west coast. Un'arte che, in perfetta linea con il proprio DNA, ha la voglia e il diritto di uscire dal ghetto per raggiungere il grande pubblico. Un obiettivo immediatamente raccolto dal FAI che, in collaborazione con i principali “writers” italiani, ha organizzato “Dal muro alla tela”, una mostra che dal 22 settembre all'1 ottobre offrirà ai visitatori di Villa Della Porta Bozzolo tutto il meglio di questa arte “on the road”.
Fra questi artisti figura Flycat, l'organizzatore dell'evento, che ci ha condotto per un breve ma intenso viaggio nella storia del writing, partendo dai suoi albori. “Alla base della nostra arte – spiega Flycat - c'è l'evoluzione della forma della lettera. Non è quindi tanto importante il messaggio che sta dietro le nostre opere, quanto la forma in cui esse appaiono, ovvero la calligrafia. Ogni artista si dà un'identità, si crea una nuova personalità attraverso il proprio nome, che spesso viene addirittura scelto in base alla forma delle lettere che lo compongono. Esistono due diverse matrici fondamentali del writing: una legata alla East Coast, con New York a farla da padrona, e l'altra alla parte occidentale, in California. Si tratta di due vere e proprie diverse tipologie di approccio, che presentano origini e caratteristiche differenti”.
Segnando la California
L'incubatrice del writing poggia le fondamenta sul terreno baciato dal sole della California, dove il fenomeno inizia a fare la sua comparsa agli inizi degli anni ‘40, quando la bomboletta spray ancora non esisteva e la comunità degli immigrati messicani del ghetto nella periferia est di Los Angeles, noto come “il barrio”, si faceva sempre più consistente. Si trattava di immigrati illegali che lavoravano come operai e non avevano case, assicurazione, copertura sanitaria. E' proprio nel barrio che nasce la prima forma di writing: i nomi delle strade, che ancora non esistevano, dipinte con pennelli dagli stessi abitanti, spesso ripresi dalle loro città del Messico. “Già queste prime forme di graffiti – prosegue Flycat – tendevano a mostrarsi originali, perché ogni strada, dove non esistevano né polizia né leggi, aveva una sua gerarchia, propri sistemi di protezione, e quindi era fondamentale caratterizzare le diverse aree. Proprio in quegli anni, poi, si formano le gang, che a loro volta utilizzano questo strumento per marcare la propria zona con loghi e scritte. Si trattava di disegni cupi, destinati a suscitare terrore nello spettatore. A tutto ciò poi, in Los Angeles Downtown, si aggiunge un altro fenomeno molto importante, quello dei cosiddetti “shoe-shine guys”, i ragazzini che lucidano le scarpe. Anche loro la sera, prima di sbaraccare, iniziano in quel periodo a scrivere il proprio nome sui muri con il lucido da scarpe, al fine di marchiare la loro area di lavoro”.
L'arte che non dorme mai
Il fenomeno del writing sulla costa est degli Stati Uniti inizia più tardi, intorno alla fine degli anni '60, all'interno della zona che comprende Philadelphia e New York. La sua nascita è legata strettamente al fenomeno delle bande di strada che, come era accaduto vent'anni prima a Los Angeles, iniziano a marcare il proprio territorio di azione. Ma nella costa est lo sviluppo è differente: alcuni pionieri, fra cui il più famoso è un personaggio originario di Philadelphia che si chiama Corn Bread, iniziano a scrivere il proprio nome in giro per la città a titolo individuale, quindi al di fuori del sistema delle gang e, quindi, oltre i confini del proprio territorio. Una pratica che viene poi seguita da altri personaggi come Topcat 126, sempre di Philadelphia, diffondendosi rapidamente a New York. Uno dei più importanti precursori di quest'arte della Grande Mela fu Julio 204 che, nel 1967, iniziò a scrivere il proprio nome in giro per la città. Essendo comunque un'attività legata alla strada, in questa prima fase non era importante lo stile delle scritte quanto la quantità di esse sparse sui muri cittadini.
“Inizialmente – conferma Flycat – la reazione delle gang a questa novità fu ostile, perché vissuta come una sfida. Poi però la situazione si tranquillizzò e iniziò la seconda fase caratterizzata dalla qualità: quando i writers iniziarono a diventare numerosi, infatti, per ognuno di loro nacque il bisogno di differenziarsi attraverso l'ideazione di scritte sempre più originali. All'inizio degli anni '70 l'ennesima novità: iniziano infatti a comparire scritte dipinte sulle pareti interne dei vagoni della metropolitana grazie all'opera di Stay High 149. Ma è nel 1972 che Superkool 223 ha la geniale idea di dipingere sulle pareti esterne dei vagoni, utilizzando tre colori. Si tratta di un passo molto importante perché per la prima volta venne introdotta la concezione del movimento delle lettere, che acquistarono dinamicità attraverso gli stili. Anche in questa occasione, prima ci furono critiche, perché con la stessa quantità di spray si potevano dipingere molte più scritte, ma poi si passò all'emulazione. Fu così che nacque ufficialmente l'arte dei graffiti che, nel giro di pochi anni, dal 1972 al 1976, portò a un'incredibile guerra di stili, con un'evoluzione esponenziale della qualità delle opere, coinvolgendo popolazioni etniche diversissime fa loro, dai neri agli ispanici, dagli ebrei agli irlandesi, dagli italiani ai portoricani”. Un nome su tutti è l'afroamericano Phase 2 a cui si deve l'invenzione di diversi stili calligrafici dai quali si svilupparono successivi stili.
Italian Graffiti
Nel nostro Paese il fenomeno del writing arriva solo alla metà degli anni '80, seguendo l'onda lunga della breakdance veicolata attraverso il boom dei film americani degli anni dal 1982 al 1984. Sullo sfondo di queste pellicole era solito trovare graffiti multicolori, che catturano l'attenzione dei più, aprendo le porte al writing. “All'interno dell'universo hip hop – spiega Flycat - esistono quattro anime: la musica rap, il djing, ovvero la creazione musicale dei DJ che utilizzano due giradischi, i graffiti-writing, e la danza acrobatica chiamata appunto breaking o breakdance. Sono tutte forme d'arte nate indipendentemente tra loro che però, provenendo tutte dal ghetto, alla fine si sono coalizzate dando vita a una delle culture più famose del mondo. L'evento proposto dal FAI a Villa Della Porta Bozzolo si propone l'obiettivo di diffondere ancora di più questa cultura e le sue forme d'arte, attraverso una mostra delle opere dei più importanti writer italiani. Sabato 30 settembre, inoltre, ci sarà uno show che darà spazio a tutte e quattro le anime dell'hip hop, con un DJ che farà un percorso storico musicale dagli albori della musica funky degli anni '70 fino all'epoca moderna. Il tutto accompagnato da due b-boy, e cioè danzatori di breakdance, che ci mostreranno come questa danza abbia saputo evolversi negli anni rompendo ogni schema di ballo preesistente”.
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