17 aprile 2020
Il Lago di Como ha nella sua struggente bellezza attirato l’attenzione in passato di scrittori, poeti e pittori e, in tempi più recenti, di molti visitatori conquistati anche dalla pacificante dolcezza delle sue sponde.
Proprio questo aumento, al quale si deve anche un positivo impatto sull’economia di tutto quel territorio lacuale, ha reso necessaria una nuova pianificazione delle infrastrutture spesso insufficienti.
La decisione, opportuna, di rendere la viabilità tra Argegno e Menaggio più scorrevole, ha portato al progetto, fortemente voluto dal territorio e sostenuto dalla Regione, di una nuova arteria stradale di circa 10 km, che rappresenta per molti aspetti un caso emblematico anche per il resto del Paese.
Il progetto iniziale non teneva però in conto l’impatto su un paesaggio delicato che avrebbe rappresentato un vulnus incurabile all’identità di quei luoghi. Ci sono voluti ben 13 anni, di corsi e ricorsi, di ulteriori e indispensabili investimenti, di mobilitazione delle comunità locali e di impegno delle associazioni di tutela perché il progetto vedesse la luce.
Il risultato, anche grazie al lavoro del FAI, alla serietà e alla precisione delle osservazioni presentate sempre puntuali può definirsi positivo: l’opera verrà fatta con una buona parte in gallerie che seguiranno la morfologia del territorio e l’impatto sul paesaggio sarà davvero contenuto soprattutto se paragonato ai primi scellerati progetti.
Perché questo è un caso emblematico: prima di tutto l’Italia ha una carenza infrastrutturale drammatica che incide sullo sviluppo del Paese e quindi la necessità di intervenire si fa impellente. Per evitare, come nel caso del lago di Como, che i tempi e i costi si dilatino sarebbe fondamentale come suggerisce la «Carta nazionale del paesaggio» approvata dal Ministero per i Beni Culturali e il Turismo nel 2018, che già in fase di progettazione fossero considerati tutti gli interlocutori coinvolti.
Un’autostrada, una strada statale, o come in questo caso una variante a un percorso esistente, non può in Italia essere pianificata né progettata senza che la tutela del paesaggio sia presa in debita considerazione e senza che gli organi preposti ad essa siano da subito coinvolti come soggetti qualificati per esprimere non solo dinieghi ma proposte volte a rendere il progetto compatibile con l’identità di un territorio espressa dal suo paesaggio. Inoltre la voce delle comunità, anche attraverso le associazioni, di tutela rappresenterebbe un nuovo modello di partecipazione democratica molto efficace.
Modernità e tutela non sono ambiti avversi e la positiva conclusione del progetto del lago di Como lo dimostra.
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