L'orgoglio italiano di “pensarla come il FAI”

L'orgoglio italiano di “pensarla come il FAI”

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L'orgoglio italiano di “pensarla come il FAI”
Marco Magnifico

19 ottobre 2010

Se un italiano è davvero un italiano, non può non sentire l'orgoglio della propria storia. Una storia che da sempre ha permesso al nostro Paese di essere un modello di civiltà e di cultura nel mondo. Parte da questo assunto il Vice Presidente Esecutivo FAI, Marco Magnifico, per spiegare l'importanza di sostenere la campagna “Difendi l'Italia del tuo cuore”, un'iniziativa che chiama a raccolta gli italiani a dimostrare con un gesto concreto l'amore per il proprio Paese. Inviare un SMS alla Fondazione significa dire “Ci sono anch'io al fianco del FAI”, diventando così protagonisti di quella parte di società civile che ogni giorno è impegnata a tutelare lo splendido patrimonio d'arte, paesaggio e natura italiano.

Lo slogan “Difendi l'Italia del tuo cuore” della campagna nazionale di raccolta fondi del FAI fa appello all'amore degli italiani per il proprio Paese. Perché spesso questo amore così tanto sbandierato a parole non si traduce poi in azioni concrete di tutela?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo partire dal concetto di “orgoglio italiano”. Voltaire scrisse: “Gli inglesi e noi francesi veniamo soltanto dopo gli italiani che in tutto ci sono stati maestri”. Sulla stessa lunghezza d'onda anche Orson Wells: “Sai che diceva quel tale? In Italia, sotto i Borgia, per trent'anni hanno avuto assassini, guerre, terrore e massacri e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e di democrazia e cosa hanno prodotto? Gli orologi a cucù”.
Questo per dire che, se chi ci osserva dal di fuori pensa che l'Italia sia sempre stata un faro di civiltà, una fucina di idee, una maestra di cultura per tutto il mondo, allora è davvero difficile pensare che oggi gli italiani non siano orgogliosi del proprio Paese. Quindi, o gli italiani sono così ciechi da non rendersi conto della storia del Paese in cui vivono, oppure non possono non amarlo. E intendo chiaramente non un amore viscerale tout court, ma un amore che sia anche razionale, un amore corroborato dalla conoscenza e quindi molto più solido, più maturo, più adulto.

Eppure troppo spesso esempi clamorosi di speculazione e abusivismo edilizi, cementificazione selvaggia, tagli ai fondi a cultura e ambiente, ci obbligano a pensare diversamente…
Questo è il vero dramma del nostro Paese. Un dramma che è figlio di modelli di sviluppo sbagliati, importati da società molto meno progredite delle nostre che hanno prodotto modelli di globalizzazione con risvolti minuti, di superficialità, di “piccolo edonismo da mezze tacche”, che fa prevalere il bisogno del vestito di moda, del viaggio alle Maldive, della terza e quarta macchina di proprietà. E' il dramma che nasce dal confondere uno status sociale con delle esteriorità di piccolo cabotaggio. Una situazione che non c'è mai stata nel nostro Paese, e che abbiamo importato negli ultimi cinquant'anni anche per colpa della pressione dei media. Questo ci ha portato a perdere quei legami e quei costrutti fondamentali sui quali si posava lo stile italiano.
Il problema della nostra società, oggi, è che il nostro patrimonio, la nostra storia, le nostre tradizioni, se non vengono conosciute non possono comunicare quello stile italiano che rappresenta la caratteristica più importante del nostro Paese. La televisione, la radio, la stampa, Internet, hanno una forza mediatica, una potenza di comunicazione enormemente più forti e immediate di quelle che potranno mai avere il Colosseo a Roma o Palazzo Te a Mantova. E' per questo motivo che ciò che incarna il retaggio italiano, oggi, fa molta più fatica a imporsi rispetto a questi mezzi di comunicazione. I media richiedono poco tempo e poca fatica per essere fruiti. Al contrario, solo per fare un esempio, non esiste panorama montano che si possa raggiungere senza fatica gustandone davvero la bellezza.

Gli italiani quindi hanno perso l'abitudine di dedicare del tempo all'arte e alla natura.
E' proprio il “tempo” il concetto chiave. In cambio delle straordinarie emozioni che sono in grado di regalare, la musica, la letteratura, la poesia, l'architettura, il paesaggio ci chiedono solo un po' di tempo da dedicare loro. Ci chiedono solo l'umiltà di fermarci e di concedere un po' del nostro tempo. Eppure spesso non lo facciamo, perché siamo sempre troppo presi a correre come disperati. E' una questione di stile di vita che dipende dal tempo che siamo in grado di concedere al nostro patrimonio e dalla capacità e disponibilità ad ascoltare il suo messaggio. Lo stesso discorso vale anche per l'amore: non esiste una relazione fra due persone che non si basi sul tempo da dedicare, sulla fatica, sull'impegno.

Come è possibile allora superare questa impasse?
Bisogna far capire agli italiani quanto sia bello dedicare del tempo al proprio patrimonio, perché è in grado di darti in cambio emozioni uniche, di stupirti. Il compito del FAI è esattamente quello di creare il maggior numero di occasioni possibili affinché gli italiani dedichino un po' del loro tempo a questi temi. Perché se una persona dedica un'oretta a visitare Villa Fogazzaro Roi a Oria – Valsolda (CO), un'oretta al Castello di Masino a Caravino (TO), un'oretta alla Baia di Ieranto a Massa Lubrense (NA), fa aumentare il suo “monte ore” a contatto diretto con episodi di eccellenza artistica, paesaggistica e storica, e il suo cuore si apre. Sono occasioni che, grazie a una comunicazione, uno stile e un linguaggio adeguati, sono in grado di far nascere delle emozioni.

In questo senso, che valore assume il sostegno della campagna nazionale di raccolta fondi “Difendi l'Italia del tuo cuore”?
Sostenere la campagna del FAI con l'invio di un SMS o con le altre forme a disposizione, significa dare un segnale per dire “Ci sono anch'io”, “Io la penso come te”. Oggi poter dire “Io la penso come il FAI” è un piccolo motivo di orgoglio. E' un modo per entrare in quel processo virtuoso, del quale il FAI fa parte, di un Paese che è vivo e vegeto e che mantiene un ruolo di guida, di stile, di buone abitudini, di cultura nel mondo. Sostenere il FAI significa sentirsi parte di un pezzo d'Italia civile che c'è ancora, che costituisce la grande brace che non si spegne mai. Una brace che, nonostante la cenere che a volte si posa sopra, è ancora in grado di alimenta il sacro fuoco della cultura. Ma non solo. Chi decide di sostenere la campagna del FAI avrà la grande soddisfazione, visitando l'anno prossimo uno dei quattro Beni ai quali saranno destinati i fondi raccolti, di poter dire: “nella bellezza di questi splendidi luoghi c'è anche una parte del mio gesto di solidarietà”.

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