19 dicembre 2011
“Lo dico con orgoglio, a rischio di sembrare retorica o ingenua: l’arte ha davvero il potere di illuminare il mondo, soprattutto in un momento come quello che stiamo vivendo oggi”. Mentre fuori dalla finestra la bufera economica tarda ad attenuarsi, le parole di Lella Costa suonano come un vero e proprio “Canto di Natale” capace di scaldare i cuori e guardare con fiducia al futuro. E proprio alle atmosfere di “Christmas Carol”, l’opera che più di tutte ha permesso a Charles Dickens di diventare uno degli scrittori più amati di tutti i tempi, si ispira la campagna natalizia del FAI che invita a condividere con i propri cari la bellezza dell’arte e della natura italiane regalando loro l’iscrizione alla Fondazione. Un dono che anche la grande attrice milanese ha deciso di fare alle persone a lei care, contribuendo così a diffondere la consapevolezza che lo straordinario patrimonio d’arte e natura del nostro Paese appartiene a tutti e da tutti va quindi tutelato, accudito e protetto.
Scriveva William Shakespeare: “Come arrivano lontano i raggi di quella piccola candela: così splende una buona azione in un mondo malvagio”. Nonostante la crisi, la solidarietà può davvero rendere “ricco” il Natale?
Mai come quest’anno le feste natalizie saranno improntate alla gioia di stare insieme. I momenti di difficoltà infatti ci costringono a riflettere sui valori che nella vita contano veramente, tralasciando ciò che invece è superfluo, esattamente come successe al vecchio Ebenezer Scrooge del romanzo di Dickens. Fra questi valori figurano certamente l’amore per l’arte e la cultura. La campagna natalizia del FAI ci aiuta a comprendere che l’immenso patrimonio italiano è una ricchezza che appartiene a tutti, è un patrimonio comune. Solo diffondendo questa consapevolezza è possibile far sì che ognuno di noi si occupi della sua tutela. Se una persona sa che quel frammento di
colonna è suo non ci scriverà sopra “Toni ama Pucci”, così come non lo farebbe sui muri di casa sua. Ciò crea inevitabilmente un senso di responsabilità e persino di appartenenza nazionale che è molto difficile riscontrare oggi nel nostro Paese. Invitare gli italiani a regalare la tutela della cultura ha quindi anche una valenza pedagogica,è un po’ come dire: se credi davvero alla frase che senti fin da bambino “È più bello donare che ricevere” questo è il momento di dimostrarlo. È un eccellente inizio di percorso che, spero, gli italiani vorranno seguire e approfondire.
Vede segnali positivi in questo senso?
Assolutamente sì. Nel mio piccolo li vedo tutti i giorni girando in tournée. Se le risorse diminuiscono bisogna adeguarsi, e così con la mia compagnia abbiamo deciso di fare spettacoli anche con pochi fondi, magari rinunciando alle scenografie ma portando in tutta Italia le storie che vogliamo raccontare. Ebbene, ogni spettacolo diventa un rito collettivo di grande felicità e senso di appagamento reciproco. Ciò dimostra che se l’arte e la cultura non rimangono rilegati in questa specie di empireo distaccato in cui oggi sono stati confinati, ma diventano qualcosa con cui si ha confidenza e dimestichezza, allora le persone non solo non saranno disposte a perderle ma le considereranno come parte integrante della loro vita.
A proposito di fondi che scarseggiano, come ha vissuto i recenti tagli alla cultura?
Li ho vissuti con la rabbia pura di chi non è direttamente coinvolto perché con la mia compagnia dalla struttura volutamente contenuta non ho mai chiesto finanziamenti pubblici. Gli ultimi tagli mettono davvero in ginocchio il mondo
del teatro, anche se a dire la verità sono solo l’ultimo anello di una catena che ha costantemente attanagliato il nostro Paese negli ultimi 15-20 anni. Ciò che davvero mi indigna è che, come spesso succede in Italia, al termine del periodo di“vacche grasse” in cui erano vergognosamente sovvenzionati persino produzioni fantasma o quasi, invece di trovare delle norme adeguate per riportare ordine siè preferito tagliare e basta. Tutti sanno che investire in cultura è redditizio, basta dare un’occhiata a ciò che succede negli altri Paesi, ma anche nel nostro. In questa situazione anche i teatri più virtuosi sono destinati a chiudere, e in più si taglia qualunque possibilità di sperimentazione,
ricerca e formazione di giovani talenti. Il messaggio che ne scaturisce è terribile: al futuro non ci crediamo.
Per fortuna ci sono realtà come il FAI che dimostrano concretezza. Dopo aver regalato nel 2011 tre gioielli agli italiani, il prossimo anno ne regalerà altri tre.
Il messaggio di concretezza del FAI è importantissimo, ci fornisce la prova che in un momento di crisi, anziché ritirarsi nel proprio orticello, è possibile allargare lo sguardo e l’orizzonte. È un segnale formidabile. A tutti coloro che tentano di farci credere che un futuro non esista, il FAI risponde: noi invece vi dimostriamo che c’è.
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