22 giugno 2016
Osservo, da un mio testo già proposto al FAI e ora ai giovani all'ultima prova della scuola, che il tema del paesaggio è diventato finalmente centrale. Esistono un significato della storia e una bellezza dell'arte colti in oggetti singoli, strappati dal tessuto che ne è stata la matrice. Esistono poi un significato e una bellezza insiti nel tessuto stesso, cioè nel contesto, dove le realtà naturali e le opere grandi, medie e piccole degli uomini sono in relazione tra loro come dentro a un sistema. I grandi capolavori e i grandi monumenti vanno intesi come fulcri per raggiungere questo sistema, in cui nulla è trascurabile e che è il volto materiale e visibile della nostra patria (B. Croce). Chi arriva a comprendere e ad amare anche un solo paesaggio ha raggiunto il culmine della consapevolezza culturale, ché in esso si condensano millenni di pensieri, dolori, godimenti e azioni di innumerevoli e anonimi nostri simili. È questo il modo migliore per diventare consci dei luoghi e per trarre godimento dall'intera storia umana. Una vita singola è piena quando ci appare come tappa recente del cammino dell'umanità. La vita di una persona è povera, anche se piena di denaro, se non abbraccia il pianeta, le sue culture e i suoi popoli, anche solamente da un punto, ma meglio se da vari punti comparati fra loro.
Ai giovani dopo la scuola un consiglio: avvicinate il FAI, diventate suoi amici e volontari. Imparerete a cooperare con gli altri per capire quella che Nietzsche ha chiamato “la grande totalità del reale”, nella quale tutti siamo immersi. Un insieme da decodificare.
Andrea Carandini
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