16 maggio 2023
I restauri effettuati negli ultimi anni negli ambienti della parte cinquecentesca del Castello della Manta ci hanno permesso di riscoprire e valorizzare uno stile decorativo raffinato e al passo con la moda del tempo, come in particolare quello della splendida Galleria delle Grottesche. Questa parte del castello, detta "Palazzo di Michele Antonio", signore della Manta sul finire del XVI secolo che ne volle la realizzazione, oltre alle straordinarie volte affrescate, presenta un elemento di eccezionalità nelle pavimentazioni decorate a finte tarsie marmoree, che ritroviamo in tutti gli ambienti.
Realizzate in cocciopesto dipinto ad affresco – una tecnica originalissima della quale si conservano pochi esempi – queste delicate pavimentazioni sono arrivate a noi molto frammentate e degradate, ricoperte di numerosi strati di cere impastate con polvere, che ne avevano quasi cancellato il disegno e gli splendidi colori.
A partire dal 2017 sono state restaurate le pavimentazioni della Sala e della Galleria delle Grottesche; da marzo 2023, grazie al fondamentale contributo di Fondazione CRT, abbiamo iniziato a recuperare l’ultimo pavimento, quello della stanza di Michele Antonio, con ottimi risultati.
Anche qui, come nelle altre stanze, la pavimentazione è caratterizzata dall’alternanza di forme geometriche inscritte le une nelle altre con un andamento ripetitivo e delimitate da fasce chiare, forse a simulare un marmo bianco. Il tracciato, marcato a chiodo e per questo ancora ben visibile, si è mantenuto quasi ovunque. Ma a differenza delle altre sale, tra molti quadrati, cerchi e rettangoli, nella Stanza si inserisce qui e là un giglio stilizzato, un segno del legame di Michele Antonio con la corona di Francia, per cui rivestì il ruolo di luogotenente.
Il restauro è consistito in una prima fase di pulitura che ha riportato alla luce le decorazioni originali, caratterizzate da colori brillanti e piuttosto ben conservati anche nelle pennellate che simulano la presenza di tarsie marmoree. Le malte utilizzate nei primi restauri degli anni Novanta per riempire le lacune, oramai deteriorate, sono state sostituite con materiali più coerenti, che possano garantire una maggiore durata al restauro, pur mantenendone la riconoscibilità.
Stesso principio è stato adottato anche per la fase finale del restauro, detta di integrazione cromatica: le parti più deteriorate sono state velate con colori ad acquerello, che hanno restituito leggibilità alla decorazione, ma al contempo mantenuto un tono neutro rispetto all’originale.