26 giugno 2024
Bruno Rossi è un sostenitore del FAI da tanti anni. La Fondazione ha potuto raggiungere traguardi importanti anche grazie al suo sostegno; un supporto che scaturisce nella profonda convinzione che la missione del FAI sia di grande utilità per il nostro Paese e per la collettività, e che la sua azione sia trasparente e stabile, e perciò degna di fiducia.
Sono tesserato FAI dal 1986. L’iniziatrice è stata mia moglie che è andata in pensione giovane, dopo quindici anni di insegnamento. Da allora si è dedicata a varie iniziative e attività culturali, ha scoperto il FAI e mi ha coinvolto in numerose iniziative. Il FAI allora era diverso, non aveva le dimensioni attuali. Poi noi vivevamo a Ispra, sul Lago Maggiore, e le occasioni proposte dal FAI erano poche o lontane.
Nel ’90 ci siamo trasferiti a Milano e abbiamo assistito a una grande accelerazione. Nel ’93 abbiamo partecipato alla prima Giornata FAI di Primavera, visitando luoghi bellissimi che non si sarebbero potuti visitare, e da allora non ce ne siamo persi una!
Insomma, la Fondazione è cambiata moltissimo, si è trasformata, ma la sua natura è rimasta sempre la stessa ed è per questo che ho continuato a sostenerla nel tempo.
Anche perché in Italia c’era e c’è un enorme bisogno del FAI. Il Patrimonio storico artistico italiano è così immenso che ci voleva qualcuno che colmasse la grande lacuna nella cura della nostra sterminata bellezza.
Il lavoro che c’è da fare è sproporzionato rispetto alle forze del solo Stato ed è una fortuna che ci sia il FAI!
Innanzitutto, perché mi fido del vostro lavoro. Nella scelta di sostenere ancora una volta la Fondazione ha sicuramente pesato il fatto che io non ho figli e che desidero fin da ora decidere a chi lasciare il mio patrimonio. Credo però che avrei sostenuto il FAI anche in altre condizioni: è indubbio che il nostro Paese diventi più ricco e più bello con iniziative come le vostre. Ho una certa età e, trovandomi appunto senza eredi diretti, ho deciso di selezionare con cura le organizzazioni da supportare scegliendole secondo quattro criteri rappresentati perfettamente dal FAI:
1) il valore pubblico delle iniziative;
2) la grande utilità dei progetti per la collettività;
3) l’apporto del volontariato, che restituisce un’idea di partecipazione e pluralità;
4) la capacità di generare qualcosa di bello, non solo dal punto di vista estetico ma anche culturale.
Percepisco e apprezzo la trasparenza e la solidità conquistata dal FAI negli anni. L’Italia ha bisogno del vostro lavoro e sono felice di vedervi crescere e abbracciare un ambito territoriale sempre più vasto.
Raccomandazioni? Il patrimonio che gestite deve essere messo a frutto e reso sempre più sostenibile dal punto di vista economico.
Il mio auspicio è che il FAI sia sempre più coinvolgente e inclusivo.
Negli anni ho visitato ed amato una decina di Beni, ma Villa Necchi Campiglio a Milano ha un posto speciale nel mio cuore. Insieme a mia moglie siamo stati tra i suoi primi visitatori e ci ha colpito immediatamente. È un luogo di pace. Quando mia moglie è mancata ho destinato alla Villa una donazione in sua memoria e ancora oggi trascorro qui dei momenti molto piacevoli.
Certo ci sono ancora tanti Beni che mi piacerebbe visitare, ma sono solo, mi muovo poco e qualcuno può essere difficile da raggiungere per me, come l’Abbazia di San Fruttuoso a Camogli (GE) o il Giardino della Kolymbethra nella Valle dei Templi di Agrigento. Ce ne sono altri però che raggiungerò presto: a luglio farò la mia prima visita a Villa Fogazzaro Roi e ne sono molto felice.
La mia speranza è che i Beni aperti al pubblico crescano e che sempre più italiani scelgano di fare la loro parte, sostenendo il FAI nella sua missione.
Buon lavoro!
nei Beni FAI tutto l'anno
Gratis