23 giugno 2008
“Benché dal punto di vista dei principi da seguire il restauro di un giardino non è poi così differente da quello di un monumento, le due tipologie differiscono per un elemento cruciale: mentre per quest'ultimo i lavori avvengono su materiale inanimato, il primo si applica su un'entità vivente, mutevole nel tempo. Un giardino può morire, una statua no”. Secondo Pier Fausto Bagatti Valsecchi, questo comporta la presenza di un numero molto superiore di elementi teorici e pratici da considerare e, quindi, una maggiore capacità di progettazione: “è fondamentale conoscere molto bene il materiale vegetale, perché ogni pianta ha un comportamento diverso, l'ambiente nel quale si trova, la natura del terreno, il clima e le altre condizioni ambientali che sono sempre più complesse di quelle di un materiale inanimato come una statua, un muro o una scalinata. Ma non basta. Oltre a tutti questi fattori, se ne possono inserire anche di nuovi nel corso dei lavori”.
Il restauro del viale delle querce di Villa Della Porta Bozzolo rappresenta un esempio emblematico di questo approccio. “Dopo le indagini fitosanitarie e statiche delle querce che componevano il doppio filare effettuate nel 2004 e la successiva indagine fitopatologica del 2006 – spiega Bagatti Valsecchi - si è giunti alla conclusione della necessità di un intervento radicale per ricostituire il doppio filare ormai ridotto a 12 alberi gravemente malati rispetto ai 36 originali. Dopo aver concordato con la Soprintendenza ai Beni Architettonici ed Ambientali della Lombardia e con il Corpo Forestale dello Stato la rimozione dei soggetti restanti, ci siamo ritrovati davanti alla prima decisione importante: reimpiantare le Quercus robur o sostituirle con soggetti di altra specie? Per rispondere a questa domanda abbiamo realizzato una ricerca storica e uno studio che avevano l'obiettivo di valutare il fenomeno attuale conosciuto come ‘deperimento delle querce', che si sta propagando negli ultimi anni nella Pianura Padana. Un fenomeno ben illustrato anche da recenti studi effettuati dal Parco del Ticino in collaborazione con l'Università degli Studi di Milano e finanziati dalla Regione Lombardia”.
La decisione finale è stata quindi di sostituire le querce con i tigli (Tilia europea) e, al fine di garantire un sviluppo vegetativo corretto ed equilibrato dei soggetti arborei, di ampliare l'impianto del viale portandolo da 4,5 metri sulla fila e 6 metri tra i filari a, rispettivamente, 8 e 7 metri. Un lavoro importante e impegnativo che, fra le varie problematiche, ha messo alla prova i restauratori soprattutto su un aspetto: “molte energie – conclude Pier Fausto Bagatti Valsecchi – le abbiamo spese per ridurre il più possibile le cause del deperimento dovuto in particolare alla presenza dell'Armillaria mellea (chiodini), un fungo che si sviluppa infettando gli apparati radicali degli alberi. Oltre all'eliminazione delle ceppaie infette degli alberi rimossi, quindi, abbiamo rimosso anche tutte quelle lasciate nel terreno nei precedenti interventi di abbattimento”.
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