22 maggio 2025
Questa casa, questo giardino, in questo luogo, con questa vista, con questo clima, con queste muraglie di ficus repens, questi alberi di canfora, di olivo e di agrumi, con questa pergola che per lunghezza mi ricorda la scala sognata da Giacobbe (quella percorsa solo da angeli e che conduce dalla Terra al Paradiso) diventano da oggi – per sempre e per tutti – un luogo destinato a ricordarci ancora una volta, che l’Italia è il Paese più bello del mondo e che esserne i figli e diventarne i temporanei custodi è un privilegio di cui ringraziare ogni giorno la sorte.
Non si contano i poeti, gli intellettuali e gli scrittori che frequentarono, vissero, descrissero, dipinsero e amarono Lerici, i suoi dintorni e il suo mare fino a renderlo noto al mondo come Golfo dei Poeti; anche se Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del Futurismo, lo definì Golfo delle Meraviglie. Petrarca scrisse che “qui nei colli che ammanta l’ulivo è fama che anche Minerva scordasse, per tanta dolcezza, Atene, sua Patria”, mentre qualche secolo dopo Pier Paolo Pasolini, ricordando una giornata tra Lerici e San Terenzo, la definì “una fra le più belle domeniche della mia vita”. Ma fu soprattutto grazie ai lunghi soggiorni dei coniugi Shelley e di Lord Byron che nel 1910 Sem Benelli definì questa magica insenatura Golfo dei Poeti.
Anche Virginia Woolf fece parte di quella schiera di inglesi incantati da Lerici fra i quali, appunto, i facoltosi industriali William ed Helen Cochrane che nel 1900 comprarono e ingrandirono questa casa e questo giardino e che qui vissero fino al 1935.
Come era costume di quella genia di inglesi – colti e sensibili – essi trasformarono un pezzo di campagna in uno dei più bei giardini del Levante creando – come sempre succede quando si progetta e si realizza un giardino – un pezzo di mondo ideale dove l’estro umano adatta la Natura al proprio gusto, piegandone gli spazi e abbellendola con viali, fontane, luoghi destinati alla contemplazione di fiori e piante rare.
Nel 1935 la proprietà passò alla Contessa Mara Carnevale Braida e poi alla sua unica figlia, Maria Adele detta Pupa. Bellissima, aperta di mente e di cuore, elegante, colta, gran signora, con una risata argentina e squillante che metteva chiunque a proprio agio non appena la si incontrava; quella risata così limpida e sincera e quel suo sguardo vispo, profondo e amabile sono il ricordo più bello che porto con me di quella lunga serie di incontri. I contatti con il FAI furono all’inizio favoriti da Mayda Bucchioni, a suo tempo Capo Delegazione di La Spezia, e portarono in poco tempo alla ferma decisione di Pupa di donare al FAI, accompagnata da una generosa dote i cui redditi ne consentissero la perfetta manutenzione, la casa che visse felicemente col marito Piero Miniati, grande amore di tutta la vita, assieme al mare di Lerici ove nuotava quasi tutti i giorni e al giardino che curò con fantasia e impegno mantenendolo finché ne ebbe le forze.
Un giardino come questo, con le sue infrastrutture anche monumentali, con le centinaia di metri di viali e vialetti in ghiaia o a mosaico di ciottoli, balaustre scolpite, scalinate, fontane, serra, ombrario e semenzaio, siepi, aiuole per i fiori da taglio, roseto e frutteto non può, però, vivere senza quella manutenzione costante e molto onerosa che nella tarda età di Pupa – anche e non soltanto per la progressiva mancanza di giardinieri – venne meno per più di un decennio.
Ed ecco, dopo la morte di Pupa nel 2020 l’intervento lungo e complesso appena concluso dal FAI nella parte alta del giardino grazie al provvidenziale contributo del PNRR di ben due milioni di euro, ai quali si sono aggiunti le generose donazioni di Deutsche Post Foundation, di Nora McNeely, dei Friends of FAI, di Fimesa – grazie carissimo dottor Sordi – e di Maria Enrica Bonatti e grazie anche per quanto riguarda il progetto di restauro agli iniziali suggerimenti di Paolo Pejrone, al lavoro di Emanuele Bortolotti, Emanuela Orsi Borio e per l’illuminazione al grande amico Mario Nanni.
Manca ancora da affrontare il restauro arboreo e di tutte le infrastrutture della parte bassa del bosco, fino al grande piazzale che consentirà, un domani, l’accesso al giardino anche dal basso.
Almeno un altro mezzo milione sarà necessario per completare l’opera, con la preoccupazione – non da poco – di aggiungere altri spazi a quella cura e a quella manutenzione ordinaria per la quale almeno tre giardinieri fissi saranno uno dei tanti costi costanti (stabili).
Inaugurato, dunque, oggi il giardino, il prossimo sforzo sarà però destinato alla casa che, nonostante le apparenze, ha bisogno di interventi molto radicali e consistenti: dal rifacimento del tetto, dagli impianti elettrici e di sicurezza, al restauro degli arredi fino all’allestimento dell’alloggio per il custode e a tutta la valorizzazione.
A poco a poco con l’aiuto di tutti affronteremo anche questo nuovo compito, sempre con l’intento di non farne un museo ma di lasciare a Villa Rezzola quel profumo di gran casa signorile, teatro di un mondo ormai tramontato ma che da oggi è finalmente destinato ad essere un pezzo speciale di bellezza italiana, e dunque di paradiso dell’anima, per tutti coloro che vorranno amarlo come lo amarono i poeti italiani e inglesi e come lo amò Pupa Miniati e come ormai lo amiamo noi tutti; è con questo amore che lo affidiamo al futuro: per sempre, per tutti.
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