23 settembre 2009
Chissà se l'artista-scenografo Mariano Fortuny avrebbe mai immaginato che la sua casa-studio, ancora suggestivamente ricolma delle testimonianze della sua fantasiosa creatività, avrebbe un giorno ospitato una mostra con una così forte implicazione filosofica come “In-finitum”. Questo infatti l'oggetto dell'esposizione in corso nel quattrocentesco Palazzo Fortuny a Venezia fino al 15 novembre. Certo non è un tema facile, quello dell'infinito nell'arte, ma sicuramente ricco di fascino e aperto a molteplici rappresentazioni. Sia che si alluda all'infinito come a uno spazio dilatato e privo di confini, sia che vi si riferisca come a un concetto assoluto, o ancora, come a uno sguardo sul cosmo o come a un passaggio di avvicinamento al divino, inevitabilmente ci si confronta con numerosissime e stimolanti interpretazioni.
Se si vuole invece seguire una traccia data, ad esempio quella relativamente all'ambito dell'arte contemporanea suggerita dal co-curatore Francesco Poli, si è indotti a iniziare l'esplorazione con il concetto romantico di infinito, secondo il quale solo l'arte e una visione estetica della vita possono offrire il passaggio verso un superamento dei propri limiti. Procedendo in senso cronologico con il percorso novecentesco, si sfiora quindi la nostalgia dell'infinito con Giorgio de Chirico, la cui melanconia in pittura è legata alla fine del sogno romantico e all'impossibilità della sua realizzazione. E' lo stesso pittore ad alludere a una tensione verso un vertice irraggiungibile con il dipinto Nostalgia dell'infinito, nel quale una torre altissima svetta apparentemente al di là di ogni limite costruttivo.
Sempre nei primi decenni del secolo, un altro ramo dell'indagine si concentra sulla rappresentazione dell'assenza di oggetti, come testimonia efficacemente il celebre dipinto Bianco su bianco di Malevic che, riproducendo il vuoto dato dalla mancanza di forme, svela all'osservatore il nulla assoluto, a sua volta manifestazione dell'infinito. Diversa invece la natura della ricerca di Giorgio Morandi, la cui pittura indaga lo spazio tra il visibile e l'invisibile e nella quale l'infinito è quello della solitudine degli oggetti rappresentati.
Ancora il vuoto e la sua rappresentazione tornano negli anni Cinquanta e Sessanta con i buchi di Lucio Fontana, che afferma: “La scoperta del cosmo è una dimensione nuova, è l'infinito: allora io buco questa tela, che era alla base di tutte le arti e ho creato una dimensione infinita, una x che per me è alla base di tutta l'arte contemporanea”. Gli spunti sono tanti, dunque, e si susseguono uno all'altro in un clima di fervore creativo e grande libertà interpretativa. Seguendo il filo rosso di Poli, ci si accosta così al vuoto e alla sensibilità immateriale di Yves Klein, teso alla ricerca di una totale libertà dello spirito; o, tra gli anni Sessanta e Settanta si indaga il tema dell'infinito attraverso la ricerca dell'arte processuale e concettuale, che si concentrano sulle dimensioni spaziali e temporali dell'assoluto, da On Kawara a Giulio Paolini a Bruce Nauman e infine (se la parola “infine” è lecita in questo ambito!) si rivolge lo sguardo agli spazi incontaminati e senza confini della Land Art, luoghi inviolati che incarnano il simbolo di una ricerca di pace e religiosità.
Queste possibili applicazioni del concetto di infinito nell'arte non sono che un primo spunto, molto più ampiamente ripreso e approfondito dalle proposte della mostra, che offre una fitta selezione di artisti e lavori di diverse epoche. Nel loro insieme le opere, ingegnosamente accostate tra loro anche in virtù della loro forte eterogeneità, invitano alla creazione di ulteriori percorsi, sempre inevitabilmente pregnanti.
Corollario FAI
Alla mostra vi siete lasciati stupire dalle superfici cangianti di David Simpson o vi ha emozionato la purezza della scultura di Ettore Spalletti o, ancora, ha sollevato la vostra curiosità la ricerca su spazio e luce di James Turrell? Se tutte queste opere non vi hanno lasciato indifferenti, passate dal vaporetto al treno e dirigetevi a Varese: nel sereno contesto della settecentesca Villa Panza, avrete modo di conoscere approfonditamente l'arte di questi tre artisti,entrati da tempo tra i protagonisti della Collezione Panza e ora aperti a un ideale colloquio con i visitatori dei beni del FAI.
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