02 febbraio 2007
Il percorso millenario che nasce in tempi lontani e continua a evolvere per narrare, informare, provocare e far satira sulla società e la morale, è quello dei cantastorie, dei menestrelli e dei trovatori. Il poeta cantore si afferma in Europa con la Chanson de Geste in Francia, il Romancero in Spagna, e le saghe nordiche. Lo si ritrova anche in Oriente, nei Paesi arabi, dove il cantastorie porta in giro da bazar a bazar, le novelle de “Le mille e una notte”, e ancora in India per raccontare il Ramayana.
In Italia, il cantastorie che narra saghe popolari, comincia ad assumere caratteri propri solo nel XIV secolo. Influenzate inizialmente dalla letteratura dotta francese, infatti, le grandi gesta degli eroi leggendari entrano a far parte del mondo popolare cui si rivolge il nuovo poeta cantore italiano. Tra i trovatori e giullari siciliani si ricordano i famosi Cielo d'Alcamo e Jacopo da Lentini, per giungere all'epica colta di Andrea Barberino, Ludovico Ariosto e Torquato Tasso, fino all'epica popolaresca dei romanzi d'appendice dei Rinaldi Napoletani.
Se giullari, trovatori e menestrelli utilizzano lo stesso repertorio epico e cavalleresco, i cantastorie narrano di fatti di cronaca e attualità. Con la stessa maestria dei cantori epici, e accompagnati da una chitarra o una fisarmonica, gridano, si lamentano, e spesso piangono per fra conoscere fatti e storie al pubblico, spettacolarizzando episodi e personaggi.
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