07 ottobre 2025
In concomitanza con la proroga della mostra (a cura di Roberto Dulio) Ghitta Carell. Ritratti del Novecento a Villa Necchi Campiglio a Milano, si arricchisce il percorso espositivo grazie ai risultati ottenuti dalla Call for portraits: una ricerca diffusa lanciata dal FAI tramite canali digitali e social per ritrovare ritratti fotografici scattati da Ghitta Carell.
La call ha riscosso notevole successo, raccogliendo oltre 30 fotografie inedite da tutta Italia: Milano, Roma, Genova, Bologna, Pavia e Bari. Questa vasta partecipazione ha permesso al curatore, Roberto Dulio, di ampliare il catalogo conosciuto della fotografa.
In mostra, sino a domenica 2 novembre, per la prima volta sarà così esposta una selezione di quattro stampe vintage provenienti da collezioni private: un Ritratto femminile, degli anni Trenta; il ritratto di Lunella Castelli Morfini, anni Quaranta; il matrimonio di Livio Gaetani Dell’Aquila D’Aragona e Fiammetta Sarfatti a Roma nel 1933 (la fotografia viene ristampata dalla Carell nel 1934) nell’abitazione di Margherita Sarfatti a Milano: alle spalle degli sposi è possibile riconoscere la Maternità (1921) di Achille Funi; il ritratto dell’architetto e storico dell’arte Andrea Busiri Vici, del 1918. Ulteriore novità è la presenza di un dipinto, olio su tela, degli anni Trenta della scultrice e pittrice inglese di origine lituana Buschka Diamondstein, proveniente da una collezione privata di Firenze, che ritrae la fotografa poco più che trentenne.
Nata nel 1899 nella contea ungherese di Szatmár da una famiglia ebrea, Ghitta Klein, in visita a Firenze nel 1924, decide di fermarsi in Italia e intraprendere la professione di fotografa. Ribattezzatasi Carell per l’occasione, in breve tempo, entra in contatto con l’aristocrazia, l’élite intellettuale e la classe politica italiane.
Davanti al suo obiettivo hanno posato, nell’arco di quarant’anni, personalità di spicco, come Vittorio Emanuele III e la regina Elena, Umberto e Maria José di Savoia, Margherita Sarfatti, Benito Mussolini, Cesare Pavese, Neville Chamberlain, la regina madre d’Inghilterra Elizabeth con la figlia Margaret, le famiglie Mondadori e Pirelli, Walt Disney, Pio XII e Giovanni XXIII.
Le personalità italiane più note – o aspiranti alla notorietà – degli anni Trenta si susseguono nello studio di Piazza del Popolo 3 a Roma, dove Ghitta Carell si è ormai trasferita dopo l’esordio fiorentino. Negli anni di più intensa attività apre uno studio anche a Milano, in via Conservatorio 20, dove fotografa la famiglia Necchi Campiglio e lo stesso Piero Portaluppi, progettista della loro casa milanese.
Carell utilizza un’attrezzatura tradizionale – una grande macchina con cavalletto della ditta Luigi Piseroni di Milano, esposta in mostra – che impara subito a padroneggiare. Si tratta di un apparecchio con lastre di grande formato (cm 18 × 24), all'occorrenza sostituito da più agili macchine portatili, ma sempre dello stesso formato. La fotografa dimostra subito un indubbio talento nel mondo della fotografia, o meglio del ritratto fotografico, con il quale sintetizza le esperienze che più l'hanno interessata, sia della fotografia che della pittura rinascimentale. Si sofferma sui tagli, le inquadrature, i particolari, l’uso delle luci, arrivando alla definizione di uno stile inconfondibile.
Sulla lastra sono fissate le immagini che poi la fotografa ritocca a tavolino, con un apposito leggio e una serie di strumenti – matite, colori, pennelli, raschietti – che faranno sembrare il suo atelier più simile a quello di un pittore che di un fotografo. Il suo lavoro offre una sintesi espressiva, in accattivante dialettica, tra avanguardie e tradizione che segnano il dibattito artistico dell’epoca.
La promulgazione delle leggi razziali nel 1938 sconvolge la vita degli ebrei italiani e anche quella di Ghitta Carell. Non sarà perseguitata, ma il suo ruolo e il suo nome inizieranno a essere censurati e omessi. Trascorrerà in Italia gli anni della guerra, nascosta tra Roma e Milano. Nel dopoguerra continuerà la sua attività su cui aleggia il ricordo – drammaticamente espiato – del fascismo e nel 1969 si trasferirà ad Haifa, dove vivono la sorella e la nipote, e dove morirà nel 1972, lasciando una serie di stampe e alcune lastre fotografiche all’Istituto Italiano di Cultura della città, che ha concesso il patrocinio a questa mostra.
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