24 luglio 2015
Con una lettera al Primo Ministro Matteo Renzi, pubblicata su La Repubblica di martedì 14 luglio, il Presidente del FAI Andrea Carandini ha dato il via al dibattito che ha coinvolto tutta la stampa nazionale sugli effetti negativi per il paesaggio e l'ambiente italiano del cosiddetto ddl Madia sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
La critica, profonda e argomentata, è centrata sugli articoli 5 e 3: il primo (comma 1, lettera b 2) prevede, nell'ambito dell'autotutela amministrativa, la cancellazione delle sanzioni per chi avvia attività edilizie con autorizzazioni irregolari con effetti simili a un “condono preventivo”. In pratica, anche se si commette un reato lo Stato non punisce. Ma sis sa che se non c'è la pena a niente serve la legge (Nulla lege sine poena). Il secondo (comma 3) riguarda, invece, il silenzio-assenso, che nel testo di legge – ora in fase di approvazione al Senato – scatta non più dopo 60 bensì dopo 90 giorni, anche grazie alla battaglia del FAI.
Un risultato utile, che non muta però la pericolosità e l'anticostituzionalità dell'automatismo nelle procedure di autorizzazione, che minaccia il paesaggio e il patrimonio culturale italiano. Recita la norma: "il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda". Insomma, se gli organi dello Stato non rispondono, in questo caso le Soprintendenze, il cittadino si autorizza da solo.
L'intervento del Presidente Carandini, che ha ribadito la posizione critica del FAI in un'intervista di Antonio Cianciullo, sempre su La Repubblica, due giorni dopo la lettera a Matteo Renzi, segna un punto di non ritorno nel dibattito culturale. In sintonia con Carandini sono infatti intervenuti il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini, che ha chiesto invano al Ministro Madia di cancellare l'articolo sul silenzio-assenso, e Giuliano Volpe, Presidente del Consiglio Superiore per i beni culturali e paesaggistici: “Il Consiglio si è espresso decisamente contro questa misura, ritenuta rozza e pericolosa, chiedendo in alternativa l`adozione dei Piani Paesaggistici in tutte le regioni, la realizzazione di sistemi informativi e banche dati aperte, in modo da dare risposte rapide e certe ai cittadini, com'è giusto in un paese civile”.
Il Ministro Madia, intervenuto nel dibattito, ha difeso il testo di legge: “Non sono mai state in discussione la tutela del paesaggio, dei beni culturali e del patrimonio artistico e ambientale. Il nodo da sciogliere è come si tutelano più efficacemente il paesaggio, i beni culturali e l`ambiente, garantendo il diritto dei cittadini ad avere risposte certe nei tempi previsti”. Rispetto a chi, come il Presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, ritiene che il silenzio-assenso sia una forma di deregulation, il Ministro Madia ha ribadito: “Sarebbe vero se avessimo cambiato le regole per le autorizzazioni, ma non è così. Le Soprintendenze saranno spinte a rispondere in tempi brevi: altrimenti saranno loro, con la loro mancata risposta, a prendersi la responsabilità di consentire che vadano avanti procedimenti sbagliati”.
Resta, però, un problema aperto: la carenza di organico delle Soprintendenze. Nonostante il termine entro cui scatta il silenzio-assenso sia stato prolungato, il personale incaricato non è sufficiente a esaminare nei tempi le richieste di autorizzazione a intervenire sul paesaggio. “A cosa si riducono i due mesi se dividiamo i progetti per il numero dei funzionari delle Soprintendenze? – riflette il Presidente del FAI Carandini – A Milano sono tre o quattro minuti. In queste condizioni il silenzio assenso significa assenso”. Sulla stessa difficoltà si è espresso anche Ermete Realacci, Presidente della Commissione Ambiente alla Camera, che ha votato sì alla legge, aggiungendo però un ordine del giorno che invita il Governo a incrementare l'organico delle Soprintendenze.
Anche nella fase di approvazione definitiva del testo di legge al Senato, il FAI continua la sua battaglia contro il silenzio-assenso ribadendo le ragioni della sua contrarietà: “Questo articolo introduce un automatismo che non può applicarsi a materie sensibili di rango costituzionale come il paesaggio e il patrimonio culturale – ha spiegato Daniela Bruno, responsabile dell'ufficio Valorizzazione Beni del FAI, partecipando giovedì 23 luglio alla trasmissione del mattino di RadioTre Tutta la città ne parla – Il meccanismo, peraltro, può favorire fenomeni di corruzione, poiché, volendo sfruttare questo strumento a scopo illecito, basterebbe compiere atti omissivi nell'attesa della scadenza dei termini”.
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