Colonna Traiana: la causa non è l'inquinamento

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Colonna Traiana: la causa non è l'inquinamento
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17 luglio 2014

“Non è l'inquinamento a danneggiare la Colonna Traiana”: questa la tesi di Bruno Zanardi, Professore Associato di Teoria e Tecnica del Restauro presso l'Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, in risposta alla dichiarazione del Sindaco di Roma Ignazio Marino sullo stato di conservazione della Colonna Traiana.

"Il Sindaco di Roma Ignazio Marino ha di recente dichiarato che la Colonna Traiana è «una tra le vittime più eccellenti delle polveri sottili presenti nella nostra zona archeologica: tanto che in soli 40 anni, dal 1943 al 1983, c'è stata un'erosione dei bassorilievi maggiore che nei precedenti 1800 anni, e questo vale per tutti i monumenti della zona archeologica centrale: non proteggerla è veramente un'azione criminale».

Non so bene dove Marino abbia preso questi dati – a me, che pure la Traiana ho restaurato tra il 1984 e il 1989, non risultano campagne fotografiche del 1943 e del 1983 su cui confrontare il procedere del suo degrado – resta però un fatto che la verità è un'altra. Vale a dire che le forme di degrado delle pietre all'aperto sono descritte millenni e secoli prima dell'avvento della civiltà industriale. Per fare solo tre esempi, ne parlano Vitruvio prima del 27 a C. (De architectura, II 7 ) e Leon Battista Alberti nel 1452 (De re aedificatoria, III7); mentre Vincenzo Giustiniani, nei suoi diari stesi dopo il 1622, descrive il cattivo stato di conservazione proprio della Colonna Traiana individuando correttamente la principale causa del degrado dei rilievi nella loro esposizione al vento marino di ponente: «I venti che vengono dal mare vicino, possono e sogliono rodere non solo le muraglie ma anco i marmi, come si dimostrano le fabbriche antiche de' romani, e in ispecie le Colonne Traiana e Antonina che da la parte Meridionale restano da tali venti più corrose e logore che dal Boreale».

Ma non sono solo le fonti a smentire Marino. La Colonna Traiana credo sia nel mondo intero l'unico monumento all'aperto (sottolineo: all'aperto) a esser stato calcato più volte in epoca preindustriale. A farlo, chissà perchè, sono sempre stati i francesi: Francesco I, intorno al 1540; Luigi XIV, tra 1665 e 1670; Napoleone III, nel 1862 (mentre Napoleone Bonaparte voleva addirittura far segare la Traiana per trasportarla a Parigi; poi si si dovette accontentare della colonna di Vivant Denon in Place Vendôme). Lasciamo perdere la facile deduzione freudiana d'una implicazione tutta francese tra colonna, fallo e potere; e non occupiamoci delle prime due campagne di calcature disperse in pochi e malconci frammenti tra Milano, Roma e Stoccolma. Restiamo invece all'ultima calcatura, eseguita sull'intera Colonna da cinque bravissimi formatori vaticani prestati per l'occasione da Pio IX a Napoleone III, quelli che il 5 aprile 1862 graffiscono la loro firma sulla Colonna. Di quest'ultima e ancora oggi ottima calcatura esistono varie repliche sparse per alcuni musei del mondo. Una è conservata in quello straordinario edificio dell'Eur, un po' “Reggia di Semiramide” e un po' “Macchina del tempo” di Wells, che è il civilissimo museo didattico “della Civiltà Romana”, oggi credo, ahimé, chiuso. Ebbene, sorprendentemente, gli oltre 200 metri quadrati di calchi del monumento attestano in termini positivi uno stato di conservazione dei rilievi del tutto simile all'odierno. Cadute di parti, corrosioni, alveoli e quant'altro erano infatti abbondamente presenti sulla Traiana già un secolo e mezzo fa quando il problema di Roma non era l'inquinamento atmosferico ma, al massimo, il temuto avvento del Liberalismo. Né per questo si deve dire che l'inquinamento atmosferico non sia uno dei grandi temi culturali su cui si gioca la sopravvivenza stessa dell'uomo, ma solo che con il degrado del patrimonio artistico poco c'entra.

Due paradossi finali. Il primo è di Ennio Flaiano, il quale una volta scrisse che: “Il Colosso di Rodi non cadde per un terremoto, bensì perchè minato alla base dalle firme dei turisti”. Il secondo potrebbe invece essere farina d'un qualunque economista: “Indicare a sentimento come principale causa del degrado del patrimonio artistico l'inquinamento costa poco e fa sempre effetto”. Rifletta su questi paradossi il sindaco Marino. E non faccia eseguire l'ennesimo, costosissimo e inutile, perciò comunque dannoso, restauro dei monumenti nell'area dei Fori Imperiali. Si orienti invece a far condurre una semplice manutenzione degli ottimi restauri di quegli stessi monumenti promossi una trentina di anni fa da un grande soprintendente, Adriano La Regina. Spenderà infinitamente meno e soprattutto si porrà in linea con quella conservazione preventiva e programmata del patrimonio artistico in rapporto all'ambiente che da ormai da mezzo secolo tutti sanno essere l'unica e vera soluzione dei sempre più gravi problemi conservativi del nostro patrimonio storico e artistico. Soluzione che nessuno finora ha mai posto in opera forse perché la sua attuazione richiede certezza di competenze e capacità di lavoro in comune tra Stato, Regioni, Comuni, Chiesa, privati proprietari, Università, eccetera, lontanissime da slogans populistici o da metafisiche mene estetistiche. Quelle che da troppi anni governano le nostre politiche di tutela, aumentandone ogni giorno di più il loro già oggi immenso ritardo culturale."

Bruno Zanardi Professore Associato di Teoria e Tecnica del Restauro presso l'Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”

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