11 novembre 2013
“Si è trattato di un'azione unilaterale, fuori dalla co-pianificazione con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo prevista dal Codice dei Beni culturali e del paesaggio. Noi auspichiamo la ripresa di un percorso condiviso con il Ministero, perché si ponga riparo a uno strappo che non trova ragione d'essere”. Con queste parole Andrea Carandini, Presidente del FAI, ha commentato l'atto amministrativo non giustificato adottato il 25 ottobre scorso dalla Regione Autonoma della Sardegna che tende a sostituire il Piano Paesaggistico Regionale (PPR) con il Piano Paesaggistico dei Sardi (PPS).
Il primo, approvato nel 2006, non è solo un documento fondativo del paesaggio come valore identitario, ma è anche una proposta di sviluppo economico in cui la sostenibilità è un cardine ed è connessa intrinsecamente all'idea del rispetto del paesaggio nelle sue articolazioni reali e nelle percezioni della comunità. “E' stato - ha proseguito Andrea Carandini - il primo Piano Paesaggistico innovativo in Italia. In esso è contenuta la felice idea di considerare la fascia costiera come un unicum degno della massima tutela, in quanto bene che appartiene ai Sardi e alla Comunità nazionale. Con l'approvazione preliminare della Giunta Regionale del 25 ottobre, si è invece rotto questo principio e si è tornati a quella visione frantumata che ha consentito di distruggere pezzi pregiatissimi del territorio, sacrificandolo alla speculazione edilizia”.
Il FAI si augura, quindi, che il Presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, riveda quanto approvato il 25 ottobre e receda dal proseguire nello strappo con gli organismi dello Stato demandati dalla Costituzione a far osservare il bene e l'interesse comuni ed è pronto è pronto ad appoggiare il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nell'ottica della tutela del patrimonio comune paesaggistico attuata nello spirito di una leale collaborazione fra le varie istituzioni della Repubblica. La Fondazione si rammarica, inoltre, che l'attuale Giunta Regionale non abbia dedicato risorse umane ed economiche sufficienti per mettere i Comuni nelle condizioni di adeguare i piani comunali (PUC) al PPR, ammettendo di fatto quelle inadempienze che sono uno degli alibi usati per invalidare le regole che il PPR 2006 ha stabilito, in osservanza delle leggi costituzionali.
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