28 gennaio 2019
Il Castello e il borgo di Masino sorgono su una collina nel cuore della barriera morenica della Serra d'Ivrea, un arco prealpino formato dai sedimenti risalenti al penultimo episodio glaciale. Questa naturale conformazione caratterizzata da depositi fluvioglaciali e fluviolacustri alla base delle alture, ha fatto sì che sia al Castello sia nelle abitazioni del borgo sia sempre stato possibile sfruttare l'acqua di falda e l'acqua delle risorgive naturali presenti nel sottosuolo.
A testimonianza di questa ricchezza di acque sotterranee nel borgo sono presenti numerosi pozzi, ma è proprio il Castello a ospitare quello più profondo, posto nelle cantine e profondo circa 100 metri, oggi asciutto e chiuso da una grata. Oltre a questo, nel borgo esistono altri tre pozzi esterni, profondi tra i dieci e i trenta metri.
Grazie alle ricerche nell'archivio storico della famiglia Valperga sappiamo che la marchesa Vittoria, l'ultima ad abitare la residenza insieme al figlio Luigi Valperga di Masino fece analizzare l'acqua di falda che tuttavia risultò non potabile. Per questo la famiglia, negli ultimi anni in cui ha abitato al Castello, ha sempre utilizzato oltre al pozzo una sorgente, ora asciutta, posta sul versante sotto all'ingresso del Castello verso Caravino, e recuperato l'acqua piovana in una vasca di raccolta posta sulla Torre della Specola, la più alta del Castello, che per ricaduta alimentava tutti i servizi.
A testimonianza dell'attività di raccolta dell'acqua piovana, nel Castello è attualmente presente un complesso sistema di cisterne sotterranee in mattoni, interconnesse tra loro e di vasche esterne che raccolgono le acque meteoriche, in parte utilizzate ancora oggi. Ne sono un esempio le due vasche nel Giardino dei Cipressi, la cui presenza era già documentata nel Settecento. Una di esse raccoglie l'acqua piovana e viene usata oggi come riserva idrica antincendio e a scopo irriguo.
L'acqua in eccesso di questa vasca si riversa in un'ulteriore bacino posto all'interno del Parco, che a sua volta alimenta un laghetto naturale ai piedi del prato. Il convogliamento di queste acque è regimentato da un sistema di canaline e condotti interrati, che sono stati recuperati durante i lavori di restauro del Parco attuati dal FAI negli anni Novanta.
Ma l'acqua non finisce qui il suo percorso: a pochi metri dal Parco è situata una "bosa", ossia una risorgiva naturale. Si tratta di una delle poche zone umide sopravvissute naturalmente. Un tempo numerose, le "bose" erano utilizzate come riserva idrica a scopo irriguo, ma data la natura molto delicata di questi ambienti sensibili all'inquinamento e a fenomeno dell'eutrofizzazione, cioè all'eccessivo accrescimento di organismi vegetali quali le alghe microscopiche, oggi le "bose" sono state inserite dalla Comunità Europea nell'elenco degli habitat prioritari meritevoli di conservazione. La zona umida della "bosa" di Masino, la cui sopravvivenza dipende principalmente dalla limitata antropizzazione del luogo e dalle acque provenienti dal "pratone" del parco di Masino, è costituita da un pozza con presenza variabile di acqua.
Le sponde del corpo lacustre sono caratterizzate da un'alternanza di tratti boscosi, erbosi e da un canneto costituito da grossi cespi di cannuccia di palude. Dato il valore del luogo, il Comune di Caravino intende recuperare quest'area naturalistica, molto amata dalla popolazione locale, che diventerà una tappa fondamentale di un nuovo percorso campestre intorno al Castello e nel Borgo, creato per illustrarne la vita e la storia.
Il progetto del FAI è finalizzato a recuperare altre dodici cisterne interrate. Inoltre, per aumentare l'efficienza del sistema idrico, si prevede di collegare tutte le cisterne e recuperare l'intero sistema di raccolta dell'acqua da utilizzare a fini irrigui.
A lavori ultimati si stima che saranno a disposizione circa 450.000 litri d'acqua, vale a dire 450 metricubi, che andranno ad integrare il sistema idrico esistente, in modo tale da evitare una eccessiva dipendenza dalla stagionalità e dalla quantità di precipitazioni.
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