11 febbraio 2020
Professor Barbera, siamo giunti quest’anno alla nona edizione di AgruMi. In questa edizione 2020 il tema centrale è l’origine degli agrumi, dai primitivi ad oggi. Ci può raccontare chi sono gli “antenati” degli agrumi che conosciamo oggi?
Gli agrumi definiti ancestrali sono il cedro, il pomelo e il mandarino. Specie che si ibridano tra di loro e che originano la straordinaria biodiversità che conosciamo. Si pensi che una delle più importanti classificazioni adottate indica l’esistenza di 156 specie diverse. E tutto questo succede, a partire da 8 milioni di anni fa, in un’area alle pendici dell’Himalaya che va dal Nord Ovest dell’India, alla Cina settentrionale e si estende a sud-est in Australia centro-orientale e in Nuova Caledonia.
Quante varietà di agrumi si conoscono oggi? Quali sono quelli di “utilità” o quelli coltivati solo per “bellezza”?
La natura non si è accontentata delle ibridazioni tra specie, le ha complicate con le mutazioni e su tutto questo è intervenuto l’uomo con una continua opera di miglioramento genetico e selezione. Le varietà (quindi la diversità) all’interno delle singole specie è innumerevole. Forse è già sufficiente elencare le specie di maggiore interesse colturale: cedro, arancio dolce, arancio amaro, mandarino, limone, pompelmo, lima, pomelo, bergamotto, chinotto.
Dalla Valle dei Templi, in particolare dagli agrumeti del Giardino della Kolymbethra, Bene del FAI, proverranno frutti rarissimi, quali sono e che particolarità hanno?
Alla Kolymbethra crescono 20 diverse varietà in grandissima parte scomparse dalle coltivazioni industriali. Penso al Doppio Sanguigno, al Vaniglia rosa, al limone dolce, alla Lumia. Il giardino del FAI ha quindi anche un importante ruolo di conservazione della biodiversità e svolge questa attività in collaborazione con l’Orto Botanico dell’università di Palermo e con i Vivai faro di Giarre.
Durante la due giorni di AgruMI si svolgeranno tavole rotonde e incontri, in particolare, sabato alle 16,30 sarà curato da lei l’incontro L’arrivo degli agrumi in Italia e i cambiamenti del paesaggio. Da dove arrivano gli agrumi? Perché hanno avuto così successo nei paesi del Mediterraneo, in particolare in Italia?
Il viaggio è stato lungo. Il primo agrume conosciuto nel Mediterraneo è il cedro, probabilmente perché il più agevole a sopportare i viaggi lunghi, grazie all’albedo quel tessuto bianco e spugnoso che circonda la pola e che in questa specie è molto sviluppato. Poi arrivano nell’ordine il limone, l’arancio amaro, l’arancio dolce e il mandarino. Il clima mediterraneo con le sue stagioni ben definite e cosi diverse da quelle del clima tropicale è la ragione di una qualità senza pari.
Gli agrumi sono dunque parte integrante del nostro paesaggio e della nostra identità. Quali sono i fattori che minacciano la conservazione e la tutela dei paesaggi agrumicoli italiani?
Il successo in passato è stato tale che con gli agrumi sono stati coltivati in terreni difficili come, per esempio, le terrazze costiere. Grandi investimenti, ma allora ne valeva la pena. Poi altri paesi hanno iniziato a produrli. La Spagna, i paesi del Maghreb, gli Stati Uniti (che ancora 80 anni fa li importavano dalla Sicilia!), il Sud Africa, l’Argentina... Noi non siamo stati sempre capaci di organizzarci adeguatamente, far riconoscere la qualità e sostenere gli agricoltori che non producono solo frutti per il mercato ma anche bellezza, ambiente sano, aria pulita, contrasto ai cambiamenti climatici e ai dissesti idrogeologici.
A Pantelleria, isola al centro del Mediterraneo, gli agrumi si coltivano nel cosiddetto “giardino pantesco” e quello della tenuta di Donnafugata è un Bene del FAI. Perché una sola pianta di arancio ha bisogno di così tanta cura e protezione?
Il giardino pantesco dove una torre di pietra a secco alta fino a tre metri protegge una sola pianta dal vento e assicura l’acqua per condensazione dall’umidità atmosferica è il segno dell’attenzione e dell’amore degli agricoltori mediterranei verso gli agrumi. Non c’è nulla di simile al mondo. Del resto dopo aver apprezzato e conosciuto, colori, sapori, vitamine, profumi come si può rinunciare alla loro coltivazione?
AgruMi è una mostra-mercato, perciò per i visitatori sarà possibile acquistare, oltre ai prodotti derivati dagli agrumi, anche le piante stesse che andranno ad abbellire i giardini, i terrazzi e i balconi delle nostre case. Può darci qualche consiglio sulla corretta coltivazione degli agrumi in vaso?
Come sappiamo da Roma in su (più o meno) gli agrumi devono essere protetti dai freddi invernali. Quindi ricoverarli in serra, proteggerli negli angoli più caldi e riparati. Ogni appassionato alla fine impara da sé, tra qualche fallimento ma molti successi.
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Giuseppe Barbera è stato professore ordinario di Colture Arboree all’Università di Palermo. Si occupa di alberi, sistemi e paesaggi rurali del Mediterraneo. Tra i suoi libri: Tuttifrutti, Mondadori, 2007 (Premio Giardini Hanbury, Grinzane Cavour) e Aboca, 2018; Paesaggi a terrazze in Sicilia. Metodologie per lo studio, la tutela la valorizzazione, ARPA, 2010; Conca d’oro, Sellerio, 2012; I Paesaggi agrari tradizionali, Franco Angeli, 2014; Breve storia degli alberi da lettura, Henry Beyle, 2015; Pantelleria di Fiori e di Fuoco, Rizzoli, 2016; Abbracciare gli alberi, Il Saggiatore, 2017, Antropocene, Agricoltura e Paesaggio, Aboca, 2019.Per il FAI ha curato il recupero della Kolymbethra nella Valle dei Templi di Agrigento e il Giardino Donnafugata a Pantelleria.Socio onorario AIAAP. Membro del Consiglio Scientifico dell’”Osservatorio nazionale del paesaggio rurale”(MiPAAF) e del Direttivo del Parco Nazionale Isola di Pantelleria.Componente del Consiglio scientifico AIPG, Associazione Italiana Parchi e Giardini Storici e della Fondazione Benetton Studi e Ricerche.