La lettera che Mario Negri scrive nel 1945/46 ai giovani scultori è la fonte ispiratrice di questa mostra che nasce dalla volontà di guardare al mondo dell’arte, e in particolare a quello della scultura, attraverso una generazione di artisti che si stanno formando e che hanno iniziato, chi da più tempo e chi da meno, a muoversi all’interno del sistema dell’arte contemporanea.
Il mondo ai tempi della lettera di Mario Negri era completamente diverso da quello di oggi, usciva da una guerra devastante e provava a rialzarsi. Il verbo fare era il grande protagonista di questa ricostruzione. Proprio il fare era al centro del pensiero di Mario Negri: il lavoro manuale e la fatica fisica erano un passaggio obbligato per riuscire in una professione che doveva lasciare poco spazio a vezzi intellettuali.
Oggi le nuove tecnologie stanno cambiando profondamente i rapporti tra le persone e anche il contesto sociale non è più lo stesso. La ricostruzione che dobbiamo affrontare non è legata più alle macerie della guerra, bensì a quelle che il modello di sviluppo contemporaneo ci propone. La complessità e le contraddizioni che la società contemporanea esprime sono il punto di partenza, il luogo dove molti artisti attingono per progettare le loro opere.
L’esposizione a Villa Necchi vuole presentare le opere di venti giovani artisti, uno diverso dall’altro, ognuno con la propria poetica ma tutti concentrati in una ricerca che non è solo formale ma è tesa a trovare un equilibrio tra forma e contenuto, quell’equilibrio che è in grado di trasformare un oggetto in opera d’arte.
Affrontiamo la scultura in maniera vergine e naturale, senza prevenzioni o con programmi preventivati, affrontiamola e dedichiamoci interamente ad essa come ad un sacerdozio, nel modo più puro, nel modo più deciso, più morale ed onesto, e staremo per dire più ingenuo.
Non abbandoniamoci al facile e gratuito gioco di trucchi ed invenzioni puramente esteriori e letterari, non seguiamo teorie estetiche che appartengono soltanto a speculazioni filosofiche destinate a rimanere per lo più al puro stato di teorie, lasciamo i programmi a coloro che non sanno dar vita ai loro fantasmi (se pure ne hanno) e lasciamoli perdersi nei labirinti viziosi di inutili discorsi, lasciamo tutto questo ai critici letterati ed agli pseudo pittori-letterati (e perciò non pittori).
Buttiamoci al nostro lavoro con accanimento, e che sia la fatica di ogni giornata la nostra più viva realtà, lavoriamo con l’umiltà o la modestia che avevano gli scultori del ’200 e del ’300 nient’affatto intellettuali e tendiamo solamente all’assoluto, all’essenziale, al ‘Vero’.
Tendiamo sempre a far grande, a toccare cioè un vero stile, ed anche se in cento falliremo almeno uno o mezzo di noi coglierà nel segno.
Facciamo del nostro mestiere la nostra ragione d’essere, l’unica e la più spietata. Facciamo che esso non sia mai peccato d’orgoglio e ricordiamoci che solo attraverso un inesorabile lavoro si cresce e si progredisce e che le masturbazioni d’ordine meramente intellettuale e letterario non aggiungono niente alle nostre possibilità di scultori. Non improvvisiamo, non abbandoniamoci al solo estro che col tempo ha tradito (e la cronaca di questo secolo lo dimostra) anche alcuni fantasiosi giocolieri della scultura moderna. Ma costruiamo con amore ed intelligenza e facciamo che ogni nostra opera abbia una profonda e poetica ragione di esistere. Lasciamo ogni debolezza e compiacenza, ricordiamoci che le cose belle sono ‘naturali’, hanno cioè un senso d’eterno e di vero, e danno l’impressione d’essere sempre esistite, anche se sono uscite oggi dalle mani degli uomini, così come sono le cose della natura, che non appartengono (e non ne hanno il senso) a nessun tempo, ma che sono sempre esistite, anche prima, forse, che fossero create da Dio.
Facciamo che nelle nostre opere gli altri, questi esseri che soffrono, possano riconoscere una minima parte di se stessi, e solo così, allora, le immagini a cui diamo vita saranno vere.
Se nelle nostre cose non ci sarà almeno un palpito di umanità non saranno vere e se ne staranno inerti, al di fuori della vita, e cioè a dire fredde, accademiche e perciò inutili. Tutto ciò che è arbitrario ed illusorio, inesorabilmente cade, nel tempo.
Ma ora basta, quello che ci stava a cuore lo abbiamo detto, chiaramente e a voce alta.
Ma un’ultima cosa ora ancora importa. Facciamo che i migliori di noi siano sicuri di se stessi, ma non pieni di se stessi. Non assumiamo degli atteggiamenti, non facciamo e non ascoltiamo più tanti discorsi, lavoriamo, e se avremo qualcosa da dire, la diremo con i nostri disegni, con le nostre sculture, se ce ne sarà data la grazia.
Che ognuno di noi conosca i propri limiti, ma che dia tutto se stesso, che si sia modesti, poiché la modestia, tra l’altro, è principio di ogni saggezza.
Aspiriamo ad essere degli artigiani-scalpellini, piuttosto che degli scultori- intellettuali (cerebrali?), così come lo erano gli anonimi delle cattedrali romaniche e gotiche, gente semplice ed umile, ma piena di ardore, di poesia e di vita.
In: Mario Negri. Opere dal 1936 al 1987, Roma 2001, pp.128-129.
Ingresso con visita alla Villa
Intero: € 14;
Studenti: € 7;
Ridotto (ragazzi 6 -18 anni): € 4;
Iscritti FAI: ingresso gratuito
La mostra è aperta al pubblico sabato 9 e domenica 10 novembre dalle ore 10 alle 18
Il 10 novembre alle ore 11 INCONTRO “FARE SCULTURA”
I curatori si confronteranno per tracciare forme, tendenze e prospettive dell'arte antica della scultura nello scenario contemporaneo
In metropolitana
MM1 Palestro: 5 minuti a piedi.MM1 San Babila: 10 muniti a piedi.MM3 Montenapoleone: 15 minuti a piedi.
In autobus
Autobus di linea 54 – 61 - 94: fermata San Damiano - Monforte.Per orari e info collegarsi al sito www.atm-mi.it
In treno
Con i treni Trenord: dalla stazione di Milano Cadorna, linea MM1 fermata Palestro. Per gli orari dei treni consultare il sito internet di Trenord
Sconto del 20% sul biglietto di ingresso, per i titolari di tessera ITINERO o IOVIAGGIO in corso di validità.Sconto del 10% sul biglietto di ingresso, per i titolari di un biglietto ordinario Trenord obliterato nella medesima giornata di visita con destinazione la località sede del Bene del FAI servite dal trasporto ferroviario Trenord. Nello specifico: Milano.
Con Trenitalia
I collegamenti tra Torino e Milano hanno la seguente frequenza:
24 all'andata e 24 al ritorno nei giorni feriali dal lunedì al venerdì
19 all'andata e 19 al ritorno il sabato
18 all’andata e 17 al ritorno la domenica
Con tempi di percorrenza da 1h 33’ (regionali fast da Torino Porta Susa a Milano Porta Garibaldi) a 1h 52’
Lungo la linea per Milano, i regionali veloci effettuano fermate anche a Chivasso, Santhià, Vercelli, Novara e Rho Fiera Milano.
Dalla stazione di Milano Centrale, Villa Necchi è raggiungibile con la metropolitana.