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ACCADEMIA DI BELLE ARTI

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La storia dell’Accademia di Belle Arti di Napoli ha inizio nel 1752, anno in cui Carlo di Borbone, in linea con quanto stava accadendo a Madrid e in altre grandi capitali europee, istituì la Real Accademia del Disegno. La prima sede fu a San Carlo alle Mortelle, dove da oltre un decennio erano attivi i reali laboratori degli Arazzi e delle Pietre Dure. Dopo soli due anni le fu annessa l’Accademia del Nudo. Prima istituzione a Napoli rivolta all’educazione alle arti figurative sotto la tutela e il controllo dello Stato, con funzione di pubblica utilità, accentrò subito a sé le migliori energie artistiche dell’Italia Meridionale. E i rapporti con i reali laboratori, determinati anche dall’iniziale coabitazione, non impedirono all’Accademia quel graduale sviluppo che, nel suo destino di Scuola Superiore delle Arti, si concretizzò dalla fine del XVIII secolo. D’altro canto, nelle intenzioni di Carlo di Borbone, l’Accademia sarebbe dovuta sorgere nel Palazzo degli Studi, l’antica sede dell’Università, sia per importanza e decoro, sia perché destinata ai soli artisti. Con la partenza di Carlo di Borbone fu il ministro Bernardo Tanucci a sostenere le sorti dell’istituzione, dal 1755 diretta da Giuseppe Bonito, pittore di corte fortemente rivolto al culto della tradizione figurativa locale e accademico di San Luca, che per trentaquattro anni, sino al 1789, si occupò della didattica e dell’organizzazione dell’Accademia, allora aperta a pittori, scultori, architetti, apprendisti dei reali laboratori e divisa in due ordini: uno di grado superiore e rappresentato da tre scuole, l’Accademia del Disegno, l’Accademia del Nudo e l’Accademia di Architettura (istituita nel 1762); uno di grado inferiore, la Piccola Accademia, ove si studiava disegno elementare, elementi di disegno geometrico e prospettiva. Mentre Bonito, nel tempo coadiuvato da Francesco De Mura, teneva le redini dell’Accademia segnandone fortemente il gusto, primi tentativi di riforma giunsero negli anni in cui Tanucci coinvolse, come consiglieri, Ferdinando Fuga e Luigi Vanvitelli; quest’ultimo, in particolare, tentando di indicare la strada per una moderna e nuova classicità, nel 1772 provò a riordinare le scuole proponendo anche la nomina di molti docenti, tra cui Fedele Fischetti, Giacinto Diano e Pietro Bardellino per la pittura, Giuseppe Sammartino e Tommaso Solari per la scultura, Fuga per l’architettura. I modelli erano le Accademie di Firenze, Roma e Madrid; l’intento era quello di volgere all’insegnamento della sola “arte pura”. Poco più tardi, nuovi stimoli sarebbero giunti, da lontano, da Anton Raphael Mengs, ancora su richiesta di Tanucci. Di fatto, il primo assetto didattico ispirato a norme seguite in altre Accademie d’Europa si ebbe con l’arrivo a Napoli del tedesco J. H. Wilhelm Tischbein, nominato direttore nel 1890, insieme al napoletano Domenico Mondo. Seguace delle dottrine di Winkelmann e amico di Goethe, Tischbein non solo riuscì a recidere il legame che l’istituzione aveva mantenuto con la tradizione, ma soprattutto - istituendo anche una nuova Scuola di disegno applicato alle arti meccaniche sotto la direzione di Domenico Chelli - riuscì a separare l’insegnamento delle arti pure da quello delle arti applicate. Una separazione che si esplicò materialmente con il trasferimento dell’Accademia, ormai nominata “di Pittura”, al Palazzo degli Studi, allora Real Museo Borbonico e dunque luogo d’eccellenza per la formazione degli artisti.

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